“A YEAR AGO IN WINTER” di Caroline Link

La famiglia è come un pedalò

Interno di famiglia borghese nella Germania di oggi: una ragazza guarda dalla finestra la madre che gioca con il fratello Alex e lo filma mentre scende la neve. In realtà Alex non c’è più, è morto nell’inverno precedente, e Lilli sta solo fantasticando sul perenne sorriso e quel carattere brillante antitetico al suo, scontroso e privo di entusiasmo.
La ragazza trascorre le giornate all’Accademia di danza, dove si impegna in modo discontinuo, a cui seguono nottate brave di divertimenti che non ne placano comunque la malinconia.

La madre si rivolge all’artista Max per commissionargli un ritratto postumo, in cui i figli siedano insieme al pianoforte. Lilli dapprima rifiuta l’idea perché “mio fratello è morto e mia madre vuole farne un pezzo di arredo”, ma poi cede ed inizia così un rapporto con il pittore che fa emergere le circostanze della morte di Alex e le dinamiche di una famiglia disfunzionale.

“La nostra famiglia è come un pedalò: vista da sopra scivola tranquilla sul filo dell’acqua, sotto avanza con fatica”. Lilli non smette di condurre con sé lo spettatore nelle sue intime indagini sul passato e presente della sua famiglia, per liberarsi dai mostri che la agitano: un fratello che sembrava un campione di sport, studio e felicità che si toglie la vita; la madre specialista nella “bella indifferenza” per cui tutto sembra sempre andare bene, che adorava il figlio e ha invece con Lilli un rapporto conflittuale; il padre labilmente legato a loro da una continua richiesta di perfezione. Gli ingredienti ci sono tutti perché la ragazza ne esca disturbata, in realtà l’amicizia con l’artista si rivelerà una catarsi che le darà la forza per rinascere.

Un ritratto sulla tela è quindi il pretesto con cui la regista fa un intenso affresco familiare, impeccabile nel rivelare le inquietudini di tutti i protagonisti e nell’ indagare la complessità dei loro rapporti, tema già presente nella precedente opera di Caroline Link, quel Nowhere in Africa con cui nel 2003 vinse l’Oscar come miglior film straniero.
Abbandonati i grandi spazi africani, seguita con mano felice a descrivere quelli interiori, basandosi sul romanzo Aftermath di Scott Campbell tratto da una storia vera ed ambientato nel New England, che nel film diventa Germania, ma potrebbe essere ovunque per l’universalità dei temi trattati.

Presentato a Toronto nel 2008 e a Berlino nel 2009, approda in anteprima in Italia all’edizione 2009 di Schermi d’Amore come primo film in concorso, ed è senz’altro un inizio di qualità: alla accuratezza della regia, occorre aggiungere la bravura degli attori (un eccezionale Max-Joseph Bierbichler), e la fotografia che è tutto un alternarsi di primi piani tesi a rivelare l’anima dei protagonisti.

Sceneggiatura: Caroline Link.
Interpreti: Karoline Herfurth (Lilli Richter), Josef Bierbichler (Max Hollander-Maler), Corinna Harfouch (Eliane Richter).
Fotografia: (col) Bella Halben.
Durata: 129′
Musiche: Niki Reiser.
Produttore: Uschi Reich, Martin Moskowicz.
Produzione: Constantin Films AG, Bavaria Film International.