Se vi aspettate la ragazzetta timida con gli occhialoni che avevamo conosciuto al Festival di Sanremo nel 2009 vi sbagliate di grosso! Arisa è cresciuta, è molto sicura ora e ha anche cambiato look: gli spettatori che il 9 maggio hanno riempito il Teatro Toniolo di Mestre l’hanno capito bene.
Lo si è intuito, senza troppa fatica, già dai primi momenti del concerto, quando lei, seduta su un trono, ha intonato “Io già so che forse mi ami e che non potresti mai vivere senza di me”, da Amami, la canzone che dà il titolo al tour.
Il concerto è lungo (più di due ore, probabilmente troppe) e la sensazione di trovarsi immersi in una dimensione fiabesca, insolita, ma forse anche un po’ “fastidiosa”, è palpabile. La gente però si diverte e accoglie con inesauribile entusiasmo tutte le canzoni proposte: le più famose dell’artista, quelle del suo ultimo album e le numerose cover.
Sul palco si alternano due formazioni: più frequente quella che vede il pianoforte di Giuseppe Barbera protagonista, affiancato dal basso di Sandro Rosati e dalla batteria di Giulio Proietti. E con questi soli strumenti avviene la rivisitazione di brani già portati al successo con ben altre sonorità, come Toxic di Britney Spears, secondo pezzo in scaletta. A seguire, ancora una cover: Wake me up before you go-go degli Wham! e La mia strana verità, una tra le canzoni più belle di Arisa. Pretenziosa, certo, come lo era stata La notte all’ultimo Festival di Sanremo, e intrisa di una profonda retorica, ma comunque piacevole.
Il concerto sale con un medley Sweet Dreams degli Eurythmics, Earth Song di Michael Jackson, Viva la vida dei Coldplay e Personal Jesus dei Depeche Mode. Scelte azzeccatissime per ravvivare la serata: il pubblico è sempre più caldo e pronto a scatenarsi su Poi però (riproposta perfino due volte di seguito, in una versiona da “brava ragazza” e in una da rocker) e sull’immancabile Sincerità. E ancora, Ma l’amore no e l’ennesima cover, Tanti auguri di Raffaella Carrà. Chiude La notte, riproposta anche nel bis con il pubblico (indotto) in piedi. Segue la standing ovation.
Arisa è brava, non è un caso se Mauro Pagani ha arrangiato e prodotto il suo ultimo album. Ha una voce molto bella, però inneggiare allo splendore per canzoni, tutto sommato, estremamente modeste sembra eccessivo. Esibizione piacevole, bis risparmabilissimi. Una strana complicità tra l’artista e il pubblico, un bell’affiatamento.
Concerto un po’ troppo pretenzioso, nella sua semplicità continuamente ostentata, ma nel complesso una serata gradevole.