Prima giornata Del XXIII° Torino Film Festival
Torino, galleria S. Federico, cinema Lux. Il vociare degli astanti, scompostamente in fila per assistere all’incipit di quello che è diventato l’evento più glamour di Torino, si mescola ai flash dei fotografi, al via vai generale.
Se ci avessero chiesto di immaginare questa serata, l’avremmo pensata proprio così, vivacemente compita. Il pubblico, sebbene eterogeneo, ha un’aria di generalizzata competenza in fatto di cinema. Poco dopo l’ingresso in sala, arrivano gli organizzatori, visibilmente soddisfatti della crescente rilevanza che il Torino film festival va riscuotendo. E’ palese l’incredula felicità per i tanti consensi verso un festival innovativo, creativo, che non mancherà di essere, annunciano, “da paura”. Ci assicurano che il festival sarà sempre più luogo rappresentativo del giovane cinema d’autore, nonché luogo dove omaggiare e dare visibilità ai vecchi autori sconosciuti.
I direttori dell’evento, Giulia D’Agnolo Vallan e Roberto Turigliatto, si dicono “felici e orgogliosi di esplorare ciò che di vitale c’è nel cinema” e aggiungono: “l’autore italiano che più incarna lo spirito del festival cui Torino sempre rende omaggio è Roberto Rossellini”. Infatti, subito dopo i ringraziamenti rituali ad organizzatori e pubblico, ecco spuntare Isabella Rossellini che, in tutta la propria raffinata solarità ci annuncia il suo personale omaggio “a papà”: My dad is 100 years old, in inglese dice, perché vive in America dove i giovani non hanno la minima idea di chi sia Rossellini, il quale l’anno prossimo avrebbe compiuto, per l’appunto, cent’anni.
L’attrice ha sceneggiato questo cortometraggio in cui non solo tenta di raccontare il rapporto col padre, ma la sua visione del padre in quanto artista. E’ lei ad interpretare il padre, un brioso Fellini, un saccente Hitchcock e il produttore hollywoodiano Selznick che, avvolti da un’atmosfera onirica e rarefatta, non capiscono l’intrinseca complessità del cinema di Rossellini. Ma in questo riuscito cortometraggio affiora anche il ritratto di un padre amorevole che ha sempre avuto velleità materne. Tanto che il “pancione” di Rossellini a cui Isabella si aggrappa(va) fa da metaforico spartiacque tra le diverse sequenze. L’attrice ha affidato la regia al canadese Guy Maddin, nome già noto qui al Festival di Torino, che lo ha omaggiato qualche anno addietro. Sembra che il suo stile le ricordasse molto quello del padre, asciutto, grezzo, realista.
Dopo questo pezzo di storia del cinema, nonché dolcissimo atto d’amore filiale, ci hanno catapultati ad Hong Kong, con la proiezione del film fuori concorso Election di Johnnie To…e il festival ebbe inizio…