«Basta una semplice nuvola che inizia a gettare acqua, aggiungendosi a quella che scorre tranquilla nel suo letto…ma se l’acqua continua a scendere ininterrotta, a scendere e poi ancora a cadere, il fiume non riesce a reggere. […] Gli argini così, vengono annientati. […] Il fiume straripa…[…] Può essere arginato, può cambiare il suo corso, oppure? Morire…».
Una serie di lutti improvvisi sconvolge la vita di Ben, giovane ragazzo americano di una cittadina di provincia, mettendolo di fronte all’inconsistenza di tutte le sue certezze. A questo punto davanti a sé ha solo due scelte: subire gli avvenimenti stabiliti dalla sorte o reagire cercando di prendere in mano il proprio destino, costi quel che costi.
La nube grigia è il titolo emblematico riferito alle difficoltà inaspettate che piombano sull’esistenza di ciascuno spazzando via in un attimo tutto ciò che si dava per scontato: progetti, sogni, affetti, persino la realtà quotidiana. Un’immagine che torna spesso tra le pagine del libro a sottolineare i momenti salienti delle traversìe del protagonista fungendo quindi sia da descrizione paesaggistica, sia da metafora di stati d’animo ed emozioni («Le nubi grigie si erano come moltiplicate nel cielo. I temporali arrivano lentamente. Tanto lentamente che nemmeno si riesce ad accorgersene, e in men che non si dica, ci si può ritrovare proprio nel bel mezzo di una bufera, come un pesce fuor d’acqua»).
Nonostante sia agli esordi letterari nel campo della narrativa, l’autore si cimenta con tematiche forti, “scottanti” inerenti alla crisi esistenziale dell’individuo, tessendo un racconto dalla struttura interna complessa che si sviluppa in due storie complementari localizzate la prima tra preludio, conclusione ed epilogo, la seconda, dipanata attraverso una serie di flashback, lungo il resto del testo.
L’idea alla base dell’opera è interessante, ma lo stile risulta ancora acerbo, probabilmente perché si tratta del primo approccio alla prosa di un giovane scrittore. Alcune “defaillance” infatti -come l’uso ossessivo dei puntini di sospensione per pause d’effetto, lo stile manierista che tende ad accostare sempre qualche aggettivo ai sostantivi, lo sguardo “deamicisiano” nella descrizione dei sentimenti e nell’insistenza sulle “anime” dei personaggi accentuato dal ripetuto uso di aggettivi ormai frusti come dolce, giovane, soave- rallentano il ritmo della narrazione appesantendola inutilmente, anziché contribuire a creare atmosfera o ad aggiungere suspence. Il continuo ricorso a similitudini e metafore -sparse a piene mani su ogni paragrafo e talvolta in contesti poco consoni- rimarca la provenienza dell’autore dall’ambito poetico ma, trattandosi di un romanzo, avrebbe potuto essere calibrato in modo da accordarsi meglio con la narrazione.
Marco Oliviero, La nube grigia, Il Filo, 2006, 15 euro.