“Romancing Miss Brontë” di Juliet Gael

“In una sola parola, Charlotte Brontë era il coraggio. Lei era di gran lunga la più ambiziosa, avventurosa e coraggiosa delle tre. Aveva un ardente desiderio di stimoli intellettuali, che solo la cerchia artistica e letteraria poteva fornirle. Inoltre, delle tre Charlotte fu l’unica a innamorarsi e sposarsi, anche se non proprio in quest’ordine. Charlotte era vulnerabile ed è per questo che la sua storia è così intensa”.

Di libri sulle sorelle Brontë ne sono stati scritti a bizzeffe. Eppure, quello firmato da Juliet Gael, dal titolo di Romancing Miss Brontë (in Italia edito da Tea), è diverso da tutti gli altri. Più bello, oserei dire, più coinvolgente. Perché a fondersi con i fatti della vita, con le verità della storia, qui ci sono la fiction, la fantasia, la narrativa.

Ne esce un romanzo accattivante e perfetto per i giorni nostri, in cui prende forma una Charlotte Brontë romantica, vulnerabile, eppure forte e coraggiosa: una scrittrice e una donna, inguaribile e goffa zitella prima, moglie devota poi.
Accanto a lei, la famiglia che tanto amò e che purtroppo, in alcuni casi, la lasciò troppo presto: le sorelle Emily e Anne, il padre Patrick, il fratello Branwell e poi, ovviamente, Arthur, dapprima soltanto curato del padre e in seguito suo amato marito.

Così, tra finzione e realtà, Juliet Gael ci permette di sbirciare dietro le quinte dei libri più passionali della storia: Jane Eyre innanzitutto, da subito un incredibile e inaspettato successo; ma anche Cime tempestose della sorella Emily, così spigoloso e vero da finir bistrattato dalla critica senza pietà (prima di diventare un classico della narrativa inglese).

Ma non c’è soltanto la letteratura in Romancing Miss Brontë (che pure, come ci si può aspettare, gioca un ruolo fondamentale). La vita delle sorelle più celebri d’Inghilterra passava anche attraverso passeggiate in lungo e in largo per la brughiera scompigliata e chiacchierate visionarie attorno al fuoco di un caminetto, malattie a volte insuperabili e, soprattutto, un infinito bagaglio di sogni, speranze, riflessioni, geniali intuizioni e il desiderio acceso di andare controcorrente, sfidando tutto e tutti in quella piccola Haworth bigotta e imbalsamata, o in quella gigante Londra tutta merletti e paillettes.

Un’esistenza, quella delle Brontë, in cui la linea tra la realtà e l’immaginazione diventava ogni giorno più sottile. “Si spegnevano le luci e Charlotte, coricata al buio, iniziava a raccontare storie visionarie, a descrivere i personaggi che affollavano la sua immaginazione. Rimanevano tutte ad ascoltarla con il fiato sospeso, rabbrividendo per gli scenari spaventosi che sapeva evocare tanto bene con la voce e la magia delle parole. Mary l’aveva considerata un’inguaribile sognatrice, nel migliore dei casi; una pazza, nel peggiore”.

Lei, però, della sua “follia” se ne compiaceva, ne andava fiera, anche se il primo romanzo che pubblicò non osò firmarlo a suo nome, ma con lo pseudonimo di Currer Bell. Era solo un gioco e – tutt’al più – una maniera originale (ma efficace) per guadagnare qualche soldo e aiutare una famiglia che ricca di certo non era. Se la cavava.

Ben presto, però, quel gioco fatto tutto di sogni, visioni e storie immaginarie diventò più reale del reale stesso. “Jane Eyre” andò a ruba, Currer Bell divenne un mito, un’icona, il più celebre scrittore inglese del suo tempo, anche se nessuno sapeva chi fosse davvero. Ma soprattutto, a un certo punto Charlotte lo incontrò davvero l’uomo dei suoi libri, quello che era esistito sempre e solo nella sua fervida fantasia: “In Arthur Nicholls c’erano molte cose che potevano piacere a Charlotte Brontë, non ultimo il contrasto tra ciò che appariva in superficie e quello che c’era dentro. In pratica, incarnava proprio quel materiale che Charlotte si sforzava dolorosamente di ricreare nelle sue storie. E che era convinta non avrebbe mai trovato”. Invece, così non fu…

“Romancing Miss Brontë”, Juliet Gael, Tea edizioni, 2012, pp.425, euro 14
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