“THIS IS ENGLAND” DI Shane Meadows

La sottocultura nelle East Midlands di Shane Meadows

“A little skinhead, oh so cute.

Getting drunk and having benders.

He’s even got the little boots.

And little shirt with red suspenders!”

Roland Rat, Margaret Thatcher, il cubo di Rubik e la guerra delle Falklands. E, ancora, il matrimonio reale tra Carlo e Diana, il northern soul, gli skinhead. È l’estate del 1983. Non la realtà londinese ma la vita in un’anonima città di provincia nelle East Midlands è raccontata da Shane Meadows, fra i più promettenti registi britannici degli ultimi anni. This Is England perpetua così quella che il giovane cineasta ironicamente chiama “trilogia delle Midlands”, composta dalle opere TwentyFourSeven (1997), A Room For Romeo Brass (1999) e Once Upon A Time In The Midlands (2002).

Shaun ha dodici anni, è orfano di padre e viene “adottato” da un gruppo di skinhead locali di cui presto diviene la mascotte. Fa così esperienza delle prime scorribande, delle feste, dell’amore, ma anche della violenza, delle divisioni interne al gruppo, di episodi xenofobi e, complessivamente, della profonda insoddisfazione e rabbia dilagante nella working class di quei decenni. Difficile immaginare un film che meglio possa catturare il mood dell’epoca.

A partire dalle culture giovanili della classe operaia possiamo infatti osservare la storia fantasma dei rapporti interrazziali in tempi di disoccupazione, insofferenza politica e strenue lotte sindacali. Sottocultura ben identificabile già dalla fine degli anni sessanta, il movimento skinhead si è sviluppato dalla fusione dei mod e dei rude boy, come venivano chiamati gli immigrati giamaicani.

Dallo stile visivo al modo di parlare, l’insieme skinhead ci appare così votato all’esagerazione sistematica di quegli elementi che denotano l’appartenenza alla working class e, parallelamente, alla soppressione di ogni pur immaginaria influenza borghese. L’uniforme fatta di capelli rasati, bretelle e camicie Ben Sherman, le vocali strascicate e ulteriormente modulate dall’uso approssimativo del dialetto (ya raas!), l’acuto senso del territorio. E poi la musica. Il champion ska, il rocksteady, il soul e il reggae. Infine lo sciovinismo di quelle cellule estremiste che lottano per ripristinare una presunta integrità e per resistere ad altri meno tangibili cambiamenti.

Non propriamente una denuncia politica à la Ken Loach quanto, piuttosto, un’autentica immersione nella sottocultura inglese, nella suburban guerrilla, è ciò che i lavori di Meadows ogni volta ci prospettano. I numerosi short-movies, i documentari e i lungometraggi girati in poco più di un decennio sono in parte basati sulla personale esperienza dello stesso cineasta che, abbandonata presto la scuola, inizia a raccontare filmando ciò che meglio conosce.

A partire dunque da ciò che lo circonda. Si tratta di opere che affondano le proprie radici in quelle East Midlands fatte di periferie dimenticate e arrugginite, di villaggi rurali e paesaggi industriali. Uttoxeter, Burton on Trent, Nottingham, Sneinton, Calverton. Luoghi ai confini di una Britannia silenziosa hanno voce in ogni pellicola di Meadows, di questo brillante e ormai maturo cineasta che sempre più contribuisce a infondere nuova linfa vitale al cinema britannico.

Filmografia:
1. This Is England (2006)
2. The Stairwell (2005)
3. Northern Soul (2004)
4. Dead Man’s Shoes (2004)
5. Once Upon a Time in the Midlands (2002)
6. A Room for Romeo Brass (1999)
7. Twenty Four Seven (1997)
8. Small Time (1996)
9. Where’s the Money, Ronnie? (1996)