Giornate degli Autori – Evento Speciale
“Non posso dire di essere un donna, ma non sono nemmeno un uomo. Sono qualcosa… una creazione di Dio, ma una crezione distorta. Dio non stava facendo attenzione quando sono nata.”
Così Julia definisce sé stessa nel documentario della regista e fotografa tedesca Johanna Jackie Baier, transessuale lei stessa e donna dal 1997. Probabilmente un requisito fondamentale per poter raccontare in modo imparziale la storia di Julia: scappata dalla Lituania ed approdata a Berlino a 18 anni, appena dopo aver conseguito a pieni voti il diploma all’istituto d’arte di Klaipeda. Dopo 12 anni trascorsi sulle strade berlinesi, in stanze buie nel retro dei cinema porno o in squallidi locali sporchi (in ogni senso del termine) e non senza frequenti visite al pronto soccorso, vittima della droga, dell’alcol o delle botte ricevute da qualche cliente; ci si stupisce di come Julia sia riuscita a sopravvivere fino ad ora. Gli 89 minuti dell’opera della Baier la accompagnano lungo il corso di dieci anni: dal 2003 ad oggi. Della bella ragazza che vediamo nelle immagini di una decade orsono – che con gli occhi bistrati, le sopracciglia disegnate ed i capelli biondi, ricorda l’Angelo Azzurro di Marlene – non è rimasto quasi nulla.
Nata in un corpo maschile ma con tratti femminei e belle gambe, Julia è stata spinta fin da adolescente a vendere il proprio corpo per guadagnare soldi facili da spendere in stupefacenti ed alcolici necessari a stordirsi fino a non ricordare più nulla e a “lavare via lo schifo”. La vecchia prostituta del paese, male in arnese ma ancora in affari, lo accompagnava di persona al porto dove Julia, con una parrucca in testa, adescava i marinai appena sbarcati dopo lunghi periodi trascorsi in mare. Ma “non è colpa di nessuno, la scelta è stata mia” ripete più volte.
Non è facile, per chi guarda, provare empatia per Julia. E’ una creatura aliena – e non per via della sua identità di genere – ed è impossibile capirla. E’ sicuramente una persona intelligente, ma si comporta da stupida. Ha talento, ma vive ai margini come l’ultima fra le nullità. Non si fa illusioni, sa che vivendo per strada si corre il rischio di fare una brutta fine, eppure continua a farlo, testardamente, perché non sa cos’altro fare (o forse perchè le manca il coraggio per cambiare). Da crisalide che era, anziché divenire farfalla è regredita allo stadio larvale.
Nonostante lo spunto interessante ed il percorso di vita inusuale della protagonista, il documentario presentato nell’ambito delle Giornate degli Autori – la proiezione ufficiale è in programma sabato 31 alle 22 in Sala Casinò – soffre di eccessiva freddezza, non coinvolge e non lascia il segno. Il tempo di uno sbadiglio ed il documentario verrà velocemente digerito e ben presto dimenticato dalle schiere di spettatori festivalieri che in questi giorni affollano il Lido.
E’ facile capire perché la regista sia rimasta affascinata da Julia e perché abbia deciso di raccontarne la storia. Meno facile comprendere alcune sue scelte autoriali.
JULIA
di J. Jackie Baier
Prima mondiale
Germania, Lituania 2013, 88´, HDV, colore