“Angry Indian Goddesses” di Pan Nalin

Donne in rivolta

Alcune giovani donne dell’alta borghesia indiana sono invitate dalla comune amica Frieda nella vecchia casa di famiglia. Tutte hanno ambizioni di carriera: Joanna nel mondo del cinema, Madhurita nella musica, Suranjana negli affari, Nargis nella politica. Solo Pamela è disoccupata, o meglio è occupatissima a frequentare party e salotti ai quali è invitata grazie al ricco marito.

Il motivo di quel raduno è la festa di addio al nubilato di Frieda, ma questo annuncio viene reso noto a poco a poco, con indovinelli gioiosi e scherzi vivaci, che aiutano il gruppo di donne a affiatarsi e a compattarsi sempre di più. Dalla solidarietà reciproca emergono le frustrazioni di quelle donne che apparentemente si vestono , si truccano, mangiano, ridono e spettegolano esattamene come ogni giovane donna occidentale. Al di fuori delle protettive mura di casa, però, si scontrano quotidianamente con una società che le emargina, le ghettizza e le carica di assurdi e anacronistici sensi si colpa. Così Suranjana si sente in colpa nei confronti della figlia di pochi anni, che manifesta attraverso i suoi innocenti disegni la propria solitudine perché né il papà né la mamma sono mai a casa con lei. Ma a nessuno degli adulti verrebbe mai in mente di colpevolizzare anche il padre per questa situazione. Allo stesso modo Pamela è stanca di essere solo un accessorio della vita del marito, il quale non solo non è in grado di darle un figlio, ma le nega anche il permesso di realizzarsi attraverso una sua propria vita lavorativa.
“Noi in India veneriamo Kalì, una divinità femminile, ma per le donne non c’è nessun rispetto, sono trattate peggio che gli oggetti, peggio che gli animali”. “Il problema di noi donne è che litighiamo tra noi, mentre dovremmo essere unite e combattere contro la discriminazione”.
Queste battute possono dare l’idea di come si evolvano i dialoghi, specie quando Frieda rivela che è la sua amica Nargis la persona che sposerà.
Trasferitesi a Goa, la festa in spiaggia si trasforma in una tragedia della brutalità maschile, corroborata dalla certezza dell’impunità. Anche per i poliziotti infatti la colpa deriva sempre dalle donne, da come si vestono e da quanto provocano i maschi, come nei più lugubri fatti di sangue che ancora pochi decenni or sono popolavano le cronache italiane. Ma da questa tragedia scaturisce una nuova consapevolezza, una nuova solidarietà, una nuova coscienza: le donne e la comunità si compattano con una straordinaria solidarietà e comprensione. Che sia l’inizio di una nuova era per la donne, in India e in tutto il mondo?
Con questa pellicola la regista indiana Pan Nalin (Samsara, 2002), da prova di una forza espressiva spettacolare e di un impegno di denuncia sociale e politica esemplare.