Se l’acclamato Pablo Larràin sta facendo parlare di sé alla Mostra del Cinema di Venezia col suo Ema, all’interno della stessa kermesse arriva con un altro film Alfredo Castro, attore feticcio del regista cileno e protagonista di Blanco en Blanco, film drammatico per la regia di Théo Court presentato nella sezione Orizzonti.

Siamo nella Terra del Fuoco di inizio secolo scorso, dove il fotografo Pedro arriva in qualità di fotografo per ritrarre il giorno del matrimonio tra un ricco possidente terriere del luogo e la sua giovanissima sposa (praticamente una bambina) di cui il fotografo si invaghirà. Qui, nel tentativo di portare a termine il suo lavoro, verrà a conoscenza di una serie di agghiaccianti particolari sull’opera di sterminio e di brutale sottomissione delle popolazioni indigene, scoperta che lo metterà in serio pericolo. Se l’obiettivo era quello di restituire l’atmosfera ansiogena, misteriosa e inquietante di un momento storico a dir poco oscuro, possiamo considerarlo più che centrato. Il problema principale di Blanco en Blanco però è che questa angoscia è restituita al punto di sacrificare la solidità del film stesso, che pecca di poca fluidità ed è al limite del fumoso. Alcune scene e sequenze brillano per suggestività, come il momento in cui il protagonista entra in contatto con un gruppo di ragazze indigene ridotte a meno di schiave dai possidenti, ma quando la suggestività prende il posto della sostanza il film ne risente e parecchio. A salvare in parte la pellicola è un’ottima interpretazione da parte del cast, Castro in testa, nonostante una sceneggiatura che sacrifica i dialoghi e con essi le stesse performance degli attori. Un altro punto di forza di Blanco en Blanco è la fotografia, che diventa protagonista in più di una scena sia quando si parla di luce e fotografie nella stessa trama (il film si apre con un lungo “photoshoot” col dagherrotipo dove il chiaro-scuro è al centro della scena) che in altri momenti, uno su tutti l’incontro tra il protagonista e un gruppo di ragazze indigene di fatto segregate in un capanno illuminato in maniera claustrofobica da una debolissima fiamma. In conclusione, Blanco en Blanco resta un film apprezzabile per la premessa della trama e per alcuni aspetti tecnici, ma in generale mal amalgamato e caratterizzato da un senso di incompiutezza (e a tratti di pesantezza, nonostante gli appena 100 minuti di durata) che può lasciare insoddisfatto lo spettatore. Nota di merito ad Alfredo Castro per aver di fatto retto l’intero film sulle proprie spalle, comprovando per l’ennesima volta la fama di cui giustamente gode.