Reduce da In guerra (2021), capitolo conclusivo della sua trilogia sul capitale affidata al volto-rivelazione di Cannes Vincent Lindon, Stéphane Brizé porta in Concorso a Venezia Hors-saison (Out of season), opera tanto blanda nella sua critica sociale quanto anodina nel sondare i sentimenti umani, segno di un inaspettato imborghesimento dell’autore francese.

Attore di cinema di grande successo in fuga dal suo debutto teatrale, MathieuGuillaume Canet – trova rifugio presso un lussuoso albergo sulla costa della Francia occidentale, nella speranza di mettere a tacere i sensi di colpa. Scopre così che una sua vecchia fiamma, una pianista di nome AliceAlba Rohrwacher –, ora vive in quella stessa, sperduta località con il marito e la figlia, dividendosi tra l’insegnamento e il volontariato. A distanza di quindici anni, rivederla diventa così l’occasione per riscoprire l’intensità del loro amore, ma entrambi saranno richiamati all’ordine dalle proprie responsabilità.

Hors saison

Ben lontano dallo sguardo schietto e disilluso de La legge del mercato (2015) e Una vita (2016) – quest’ultimo a sua volta in Concorso a Venezia73 –, incentrati sulle rinunce e i compromessi morali imposti agli individui dalle sovrastrutture, siano esse il corporativismo o il patriarcato, Hors-saison appare lontano anni luce dalle preoccupazioni per le condizioni di lavoro dell’ormai polverizzata classe media o per le ancora irrisolte questioni di genere, sposando invece il punto di vista di un attore all’apice della fama e dei suoi travagli interiori – piuttosto infantili e mal articolati, a dirla tutta – circa il proprio statuto di artista, cui fanno eco i rimpianti della controparte femminile, donna il cui talento come pianista è stato soffocato dalla decisione di confarsi al ruolo di buona moglie e madre.

Tradendo le premesse di un incipit arguto, dove il sedicente artista e uomo di mondo si trova imprigionato in un hotel ipertecnologico le cui apparecchiature lo privano della propria autonomia anziché facilitarla, mentre inservienti e clienti si trastullano con la sua presenza – al pari di un’altra suppellettile dell’albergo, quindi – nella speranza di partecipare della sua aura di celebrità, la pellicola scivola presto nella direzione del dramma romantico all’acqua di rose – la partecipazione della Rohrwacher già era da considerarsi un campanello d’allarme –, con il consueto tira e molla dovuto all’incapacità di entrambi gli amanti di mettere la felicità al di sopra delle responsabilità – cosa che invece gli inquilini della casa di riposo, intervistati da Alice, pare siano riusciti a fare nonostante le sfide poste dalla propria epoca.

Puramente descrittivo sul piano tecnico e inutilmente prolisso, con tanto di qualche espediente di cattivo gusto in stile mélo – vedi la breve sequenza onirica in cui il pianoforte pare suonarsi da solo, a segnalare l’intrusione del pensiero dell’amata anche in sua assenza –, Hors-saison resta uno dei misteri della sezione competitiva principale di questa edizione. E dire che, dato il nome alle spalle, era lecito aspettarsi ben altro.