Il dramma verdiano trasposto nell’odierno panorama di violenza di genere e d’ogni genere
Molte sono ormai le regie liriche di Mario Martone e, pertanto, non lo si può più dire un cineasta prestato al teatro d’opera. La messa in scena al Teatro Massimo di Palermo dell’Otello (1887) di Giuseppe Verdi, all’epoca settantaquattrenne, con lo straordinario libretto di un giovane Arrigo Boito, è allora l’ennesima riconferma di un regista capace di estrarre l’essenza sempreverde delle vicende narrate sul palcoscenico. Il dramma profondo del testo shakespeariano, reso esplosivo dalla partitura verdiana, è sublimato da Martone nella trasposizione contemporanea del racconto.

Troviamo Otello e le truppe veneziane in mimetica nel deserto con un richiamo estetico fin troppo vivido nella memoria odierna, quella che collega Desert Storm all’odierno Medioriente in fiamme, passando per la seconda guerra irachena e la disfatta in Afghanistan. È una società moderna, all’apparenza, tanto che la vittima sacrificale, Desdemona, è presentata al pubblico non come una fragile donna alla mercé delle voluttà maschili, bensì come una professionista stimata e integrata nella società. Sarà proprio per questo suo anelito di libertà a renderla colpevole, più della presunta infedeltà, e quindi punita dalla furia patriarcale.
Estratto il nocciolo incontestabile e intramontabile del dramma attorno alle gesta del Moro di Venezia, la regia sceglie bene di abbandonare l’esotismo della sua provenienza. Invero, il problema non è che Otello sia nero o meno, poiché la violenza sulle donne non ha colore, piuttosto è una costante delle società patriarcali che costruiscono il proprio potere sulla sistematica oppressione del genere femminile. Proprio la cornice militaresca, così cinematografica nella cifra estetica di Martone, oggi consentirebbe una parificazione tra soldati e soldatesse, tanto da rendere ancor più truce il destino di tutte le Desdemone del mondo.

Il palcoscenico immaginato da Margherita Palli è un vero set hollywoodiano rafforzato dai cieli di Alessandro Papa proiettati sopra ai protagonisti per enfatizzarne il tormento interiore e la furia esteriore. Ottima prova dell’Orchestra del Teatro Massimo diretto da Jader Bignamini, direttore capace di spingere la partitura a volumi che investono il pubblico soprattutto durante le parti corali davvero ben riuscite. Tormentato il cast di questo Otello, che dopo poche recite perde lo strepitoso tenore Yusif Eyvazov quale femminicida Otello, lasciando all’energico baritono Nicola Alaimo nei panni di Jago il compito di trascinare vocalmente tutti i cantanti, compresa la precisa ma forse troppo ritenuta soprano Barno Ismatullaeva nel ruolo di Desdemona.
Lo spettacolo va in scena dal 24 al 30 gennaio 2025 dopo la prima messa in scena al Teatro San Carlo di Napoli nel 2021.