Titolo da poema epico o da tragedia biblica e che ricorda quello di un film degli anni Quaranta: questo documentario viene presentato a Berlino proprio nei giorni che la città lombarda fu l’epicentro dell’inizio della pandemia da Corona Virus 19.

Una tragedia che nella città, causava 50 morti al giorno e che a oggi sono 8 mila.

Dopo tre anni, tutte quelle immagini e testimonianze viste e rivista allora, rimesse oggi in fila ci danno una percezioni sentimenti ed emozioni nuovi e diversi di quello che è successo. Allora era totale sbalordimento, paura, impreparazione, sorpresa, senso di vivere nell’occhio del tornado o dell’apocalisse.

Con i suoi 6 chilometri di mura oggi Bergamo suggerisce, come mostra il film, senso di colpa per chi è sopravvissuto, ricordo dei morti, ammirazione per l’abnegazione, rammarico per non aver saputo né potuto fare di più. Soprattutto, però, mi pare importante che si sia sottolineata la domanda: che cosa abbiamo imparato da quella catastrofe? Come siamo cambiati nelle nostre abitudini di vita? Come è cambiato il nostro comportamento con gli altri? Dove abbiamo deciso di indirizzare il nostro futuro?

Queste e tante altre domane devono ancora trovare risposte: ricominciare semplicemente tutto come prima, come se nulla fosse accaduto, significa non aver capito che ricordare, non dimenticare fatti e persone, non serve ad arricchire gli archivi bensì a migliorare noi stessi.

Questo interessante e, direi anche, necessario documentario del regista palermitano (nonché archeologo e antropologo) Stefano Savona, classe 1969, è dedicato alla memoria del Dottor Vincenzo Leone, siciliano anche lui e medico di base a Urgnano (BG). Il Dottor Leone morì a 65 anni il 22 marzo 2020, il terzo dei tanti medici di quel periodo vittime della loro dedizione ai propri pazienti.

La pellicola è presentata nella sezione “Encounters” della 73° Berlinale 2023, dove ha riscosso un importante successo di pubblico.