Sabato 25 giugno ore 19.30 Piccolo Teatro Studio, ha debuttato in prima rappresentazione assoluta Love Hurts, opera di Nicola Moro su libretto della scrittrice rosa-noir Lisa Hilton, di cui sta attualmente circolando il discusso nuovo romanzo, La Maestra, per la regia di Federica Santambrogio e con la direzione musicale di James Ross.
La rappresentazione è l’esito di un workshop intensivo di opera contemporanea, organizzato e prodotto dall’Associazione SoloCanto/Laboratorio Opera in collaborazione con CCO (Center for Contemporary Opera) di New York, che si è tenuto in queste ultime settimane.
La Santambrogio fondatrice assieme a Pilar Bravo di SoloCanto, e attualmente impegnata anche in una seconda produzione in cui dirige un gruppo di 60 bambini, per la prima volta si cimenta con i giovani “quasi professionisti”, studenti di Conservatorio, cui è stato richiesto di lanciarsi verso il proprio futuro artistico, sostenuti dal contribuito di tutor professionisti, tra cui Laura Catrani, loro vocal coach. I protagonisti dello spettacolo sono quindi giovani cantanti selezionati tramite audizione affiancati da due cantanti professionisti, quali la Catrani e David Kravitz.
Love Hurts è ambientato nel manicomio di Charenton dove il Marchese de Sade è stato rinchiuso dal 1803 fino alla morte e dove gli venne realmente concessa la possibilità di mettere in scena degli spettacoli utilizzando i malati come attori. In Love Hurts si ipotizza che il Marchese abbia rappresentato la vita di Gilles de Rais, che personifica l’archetipo di Barbablù, cristallizzato da Perrault qualche secolo dopo in una delle sue fiabe.
Lo spettacolo funziona secondo la tecnica della mise en abyme. Nel primo atto, De Sade chiama a raccolta i matti e li invita a mettere in scena lo spettacolo. Nel secondo atto si svolge il processo a Gilles de Rais, condannato per occultismo, satanismo e accusato d’aver fatto sparire 140 bambini, dopo averli seviziati e torturati, quindi con tanto di interventi scenici dell’orrenda complice nei rapimenti infantili, la serva Perrine Martin sopranominata “la Mefreille” (nomen omen: “effrayer”, in francese, vuol dire “spaventare”), le madri degli stessi, e il piccolo Poitou, innocente ragazzino lasciatosi persuadere nell’aiutare i due a compiere inenarrabili oscenità.
La Catrani, reduce del successo alla sua partecipazione al Festival Monteverdi, personifica Constance, la compagna autodesignatasi di De Sade nel manicomio di Charenton, dove l’aveva seguito, di volontà propria.
Il dramma ci conceda solo dopo aver insinuato in noi una legittima domanda del Marchese De Sade, che potrebbe essere stata posta in questi termini esatti: “come mai io, che ho solo pensato o alluso a storie come quella di Gilles de Rais, sono in prigione, mentre Gilles de Rais, che invece le ha realizzate, è stato in effetti condannato per altri motivi, e poi redento dalla Chiesa e seppellito nella cappella dei Carmelitani di Nantes?” Lo straordinario scempio del potere e lo sprezzo della giustizia così caratteristici dell’epoca in cui il perverso cavaliere francese visse, tra sperpero di denaro, violenza su umani e animali, sfrenatezze varie, è il vero tema sottostante tutta l’opera, e la produzione riesce, tra qualche incertezza e molto entusiasmo, a trasmettere efficacemente.