Il reality show e il voyeurismo dell’era dei social network: nuove forme di realtà e di spersonalizzazione dell’individuo. Elena Griggio, giovane regista veneziana, porta sul grande schermo un’opera raffinata e distopica su un reality show, dove i tre finalisti – A19, E22 e C84 – si contendono un misterioso premio. Sei un nuovo utente? Scarica l’app e diventa anche tu spettatore.

Con la nascita e la diffusione del fenomeno dei reality show – letteralmente, spettacolo della realtà – si è venuta a creare, paradossalmente, una nuova forma di realtà: quella fondata sull’atto di guardare. Il simbolo del Grande Fratello, il primo format di reality show approdato in Italia, è un occhio spalancato che osserva (certo, va ricordato, di Orwelliana ispirazione). Un aspetto curioso e, al contempo, sconcertante di questa realtà virtuale è che le persone/personaggi all’interno della “casa” esistono in quanto vengono osservate dall’occhio dello spettatore. Se vengono eliminate dal gioco, uscendo dalla casa vengono associate a una sorta di morte apparente. “Per voi sono morto”, dirà uno dei personaggi eliminati nel film. Curiosità e sconcerto sono anche alla base dell’idea di Elena Griggio – regista, drammaturga e fondatrice della compagnia Teatro in folle – che nel 2012 porta in scena uno spettacolo teatrale destinato ad essere sviluppato e trasfigurato in chiave cinematografica nel 2023. È così che Realtà diventa un lungometraggio e approda all’Edera Film Festival 2024.

Reality è il nome di uno show in cui i concorrenti sono chiamati a interpretare un tipo di personaggio, aderendo completamente al profilo psicologico loro assegnato, pena l’eliminazione in caso di qualsiasi gesto o parola incoerente, privati della propria identità, viene loro attribuito un nome fittizio formato da una lettera e dei numeri. Un po’ come il nome del computer di “2001: Odissea nello spazio“, HAL 9000, altro personaggio la cui forma ricorda quella di un occhio (del regista o dello spettatore?). Sono rimasti solo tre concorrenti all’interno del reality show, tre personalità completamente diverse: chi otterrà più voti vincerà il misterioso montepremi (inevitabile pensare, oggi, anche ai social network e alla bramosia di collezionare visualizzazioni e like, che rappresentano il surrogato illusorio della fama).

Un indovinato bianco e nero per questo film distopico e claustrofobico, un’opera di raffinatezza visiva e sonora che Griggio sceglie di girare in un ambiente asettico, interamente ricostruito all’interno di Palazzo Grassi, a Venezia. Il brano dei titoli di testa di Realtà è una sorta di nenia ammaliatrice che oscilla tra un melodioso canto di sirene e la ninna nanna dei Goblin di Profondo Rosso. Il ritmo del film è volutamente lento, a sottolineare l’estenuante sospensione del tempo all’interno di una casa dove i giorni si ripetono, tutti uguali; è il non-tempo della non-realtà. Cionondimeno, i personaggi riescono a catturare la nostra attenzione, semplicemente interagendo tra di loro, sicché anche noi diventiamo rapidamente vittime dello stesso meccanismo, e spettatori (in)volontari di Reality.

Un notevole contributo alla riuscita del film, realizzato in uno spazio minimal e fondato su dialoghi e monologhi spesso al limite dell’assurdo, è dato dalle performance del cast: Natalia Jugheli interpreta A19, persona/personaggio esageratamente positiva, gentile, misurata, piena di fascino e grazia. Alessandro Percuoco è E22, cinico, arrogante e provocatorio. E infine Stefania Ventura è C84, una bimba sperduta in un corpo da adulta, senza briglie e senza schemi. Particolarmente suggestivi i momenti dei sogni dei protagonisti: proiezioni sul muro in cui vediamo figure, animali, luoghi e persone dell’infanzia, flashback, momenti e gesti che hanno lasciato un segno. I frammenti di vita vera delle persone non sono in bianco e nero, ma si tingono di colore.  

L’intenzione dietro “Realtà” non è una sterile polemica, bensì un’analisi sottile e arguta, che lascia spazio a libere riflessioni. C’è da augurarsi che Elena Griggio continui a percorrere la strada del cinema, pur mantenendo le sue solide radici teatrali.