“roadkill”

Un thriller tutto teatrale

Tra gli spettacoli di teatro danza del 7. Festival Internazionale della Biennale di Venezia, si differenzia Roadkill, un thriller psicologico firmato da Gavin Webber, della compagnia australiana Splintergroup, in scena al Teatro Toniolo il 4 e 5 giugno.

Gli enormi, misteriosi, deserti entroterra caratteristici del Nuovissimo Mondo costituiscono il punto da cui trae origine il lavoro: i miti e le leggende di fantasmi, sparizioni e assassinii che li contraddistinguono, già protagonisti in diversi film, entrano con Roadkill nelle scene teatrali.
La matrice cinematografica alla base di tale spettacolo, emerge sin dalla scenografia: un’auto rossa e una cabina telefonica, entrambe guaste, nodi attorno ai quali si snodano le vicende.

Una giovane coppia (Gavin Webber e Sarah-Jayne Howard), a bordo della vettura andata in panne, è costretta a passare la notte in un’inquietante foresta isolata dal mondo, in cui nemmeno i telefoni cellulari raggiungono una connessione. La giocosa reazione iniziale, che coinvolge i due protagonisti in uno stuzzicante punzecchiamento amoroso di rincorse e allontanamenti, si tramuta presto in un’angosciosa serie di allucinazioni dettate dal luogo: un uomo minaccioso (Grayson Millwood) compare nell’ambiguo proposito di offrire aiuto ai due fidanzati, una grandine di sassi tempesta l’auto, fronde di alberi investono la scena, mentre la cabina sembra a tratti riprendere a funzionare, illuminandosi a intermittenza. Contro tali calamità devono lottare i tre interpreti, in uno spettacolo da definirsi più prettamente di teatro fisico che non danzato: gli incubi psichici divengono violenze corporali, i personaggi si inseguono, cadono, si scaraventano sulla macchina e ripiombano a terra, nell’intento di trasmettere suspense e tensione emotiva.

L’atmosfera sonora è punteggiata, nel suo fitto silenzio, da canti d’uccelli e canzoni country emesse dalla radio, unico elemento di collegamento esterno; effetti acustici tipicamente filmici, inoltre, esaltano i frangenti di maggior tensione. Le fonti luminose, proveniendo esclusivamente dai fari della vettura e dalle torce manovrate dai personaggi, acquistano in sé un attivo dinamismo; ciò permette di giustificare la sovversiva libertà assunta ogniqualvolta le luci puntano i volti del pubblico, sagace espediente per coinvolgere la quarta parete all’interno della narrazione. Degna di merito la scena all’interno della cabina telefonica, in cui Millwood pare fluttuare nello spazio.

Roadkill merita legittimamente sia gli entusiasti applausi ricevuti che i dissensi; io personalmente, pur riconoscendo i meriti agli interpreti e all’idea drammaturgica, scelgo di schierarmi dalla parte degli spettatori insoddisfatti. In primo luogo, un teatro di tipo fisico, all’interno di un festival della danza, rischia di deludere le aspettative; in più, la tensione, pur trattandosi di un thriller, tende spesso a calare: spesso sono più gli effetti sonori e luminosi a far vibrare gli animi, che non le prestazioni attoriali in sé.

Roadkill (2007, 75’) [prima italiana]
coreografia Gavin Webber, Grayson Millwood, Sarah-Jayne Howard – drammaturgia Andrew Ross – suono Luke Smiles/motion laboratories – disegno luci Mark Howett
con Gavin Webber, Grayson Millwood e Gabrielle Nankivell
produzione Brisbane Powerhouse e Dancenorth, con il supporto di Australian Government tramite Australia Council for the Arts