“Un artista chiamato Banksy” in mostra a Ferrara

«I get lockdown, but I get up again»: il ritorno di Banksy. A Palazzo dei Diamanti una mostra per (ri)scoprire l’artista

È appena terminato il lockdown nel Regno Unito, e Banksy si è subito precipitato fuori per realizzare la sua ultima opera: nella metropolitana di Londra, i vagoni sono presi d’assalto da una banda di ratti, che si lanciano dal soffitto usando mascherine chirurgiche come paracadute, e che starnutiscono spruzzi di vernice, invitando i passeggeri a mantenere il distanziamento sociale.

Tra gli artisti contemporanei più conosciuti al mondo, Banksy è sicuramente quello più “pop”, nel senso che il suo linguaggio creativo parla veramente a tutti. È l’artista che meglio di ogni altro incarna il nostro tempo, e le sue opere –seppur legate da un denominatore comune- sono sempre al passo con i più salienti temi d’attualità. Lo dimostra questa sua ultima incursione nella metropolitana di Londra. Ma anche durante il lockdown, Banksy non è rimasto con le mani in mano: i suoi celebri ratti, non potendo uscire, hanno invaso il bagno dell’artista.

La mostra in corso a Ferrara ci regala un percorso inaspettatamente completo e ben costruito, che dipinge con cura il ritratto di un uomo geniale, totalmente fuori dagli schemi. Dai primi passi mossi a Bristol verso la fine degli anni ’90, al trasferimento a Londra nel 2000; dall’esilarante incursione al British Museum, a quella nello zoo di Londra. Piano piano la figura misteriosa di Banksy diventa sempre più internazionale ed è consacrata al pubblico con la mostra The Village Pet Store and Charcoal Grill di New York. Le sue opere, che all’inizio erano principalmente stencils, si fanno sempre più complesse e creative. Non possiamo non citare Dismaland, un intero parco a tema creato da Banksy, con la collaborazione di altri 58 artisti, definito come “un parco a tema familiare non adatto ai bambini”. Dismaland è un parco deprimente, in cui tutto ciò che dovrebbe divertirci viene catturato nella sua banalità. Una piccola favola horror.

Si passa ad opere ancora più grandi, sia per dimensione che per impatto sociale, con Walled Off Hotel, che l’artista ha pubblicizzato come l’albergo “con la peggiore vista del mondo”: l’hotel, infatti, si trova a Gaza, e apre le sue finestre direttamente sul muro di divisione tra Israele e Palestina. Il tema dei ratti è un leit motiv che lo accompagna per tutta la carriera, ogni volta rivisto e adattato ai temi politici e sociali del momento. Il topo di Banksy, preso dall’immaginario dell’artista francese Blek Le Rat, rappresenta lo street artist stesso: è braccato, odiato, esiste senza permesso, se ne frega.

Una delle opere più celebri in mostra a Palazzo dei Diamanti è Girl with Balloon; qui viene esposta una serigrafia, ma numerosi sono gli stencil piazzati dall’artista in diversi angoli di Londra. E come dimenticare la magica performance alla casa d’aste Sotheby’s, quando una serigrafia della ragazza col palloncino venne battuta per 860.000 sterline, autodistruggendosi subito dopo grazie a un meccanismo all’interno della cornice. Lo shock dei presenti fu immediato ed il fatto costituisce certo un unicum nella storia dell’arte; ma oltre alla mera provocazione, troviamo un chiedersi quale sia il valore dell’arte nella società moderna, e un rifiuto per la sua commercializzazione.

Su questo Banksy è sempre stato coerente: la sua arte è fatta per tutti, la troviamo sui muri e sulle saracinesche dei pub, non vuole essere ingabbiata. Le sue serigrafie vengono vendute a prezzi astronomici e tra i più ammirati collezionisti troviamo il collega Damien Hirst (in effetti i due si interessano spesso a tematiche simili, pur utilizzando linguaggi molto lontani). Ma in generale, Banksy rifiuta di commercializzare la sua arte, tant’è che la maggior parte delle mostre –inclusa quella di Ferrara- non sono autorizzate dall’artista ma semplicemente “tollerate”. Un altro esempio di questa visione è rappresentato dall’opera Di-Faced Tenners: nel 2004 l’artista stampò un milione di sterline in banconote false, sostituendo l’immagine della regina con quella di Lady D., e la dicitura “Bank of England” con “Banksy of England”. Le banconote vennero utilizzate dal pubblico per fare acquisti, sfortunatamente questo comportò una denuncia per contraffazione a carico dell’artista, che venne ricercato nientemeno che da Scotland Yard.

E se Scotland Yard ha fallito, che speranza abbiamo noi di scoprire, un giorno, la vera identità di Banksy? Come un agile topolino, riesce sempre a lasciare la sua firma e a fuggire. Il fatto che abbia potuto agire indisturbato al British Museum o anche nella metropolitana di Londra, luoghi così ben controllati dalla videosorveglianza, rende il suo lavoro ancora più prezioso e degno di ammirazione. Gran parte del suo fascino è dovuto proprio alla sua misteriosa identità, che finora è rimasta abilmente celata. D’altra parte fa anche questo parte della sua visione artistica: essere sé stessi è possibile solo indossando una maschera, è solo nascondendo il proprio volto che l’uomo può parlare e agire liberamente. Lui lo fa per conto di tutti noi, esprimendo concetti e proteste che tendiamo a reprimere. Il tema della maschera è stato affrontato da artisti e letterati ormai da secoli, basti pensare a Pirandello o ad Oscar Wilde, ma con Banksy l’anonimato si fa provocazione, sfregio all’autorità precostituita: «Se vuoi dire qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la verità, allora devi mentire».

Un artista chiamato Banksy

Ferrara, Palazzo dei Diamanti

30 maggio 2020 – 27 settembre 2020

Organizzatori: Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea in collaborazione con

Associazione Culturale MetaMorfosi

A cura di: Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa

Aperto tutti i giorni 11-21

www.palazzodiamanti.it

diamanti@comune.fe.it