I vincitori di Venezia 69: tra bikini e Madonne, Leone a Kim

Si conclude la 69. Mostra del Cinema, con premi meritati e grandi esclusi

Tra bikini e madonne, si chiude la prima Mostra del Cinema targata Barbera. Kim Ki-duk con il suo Pietà ha conquistato il Leone d’Oro alla 69. Mostra del Cinema 2012, otto anni dopo la vittoria del Leone d’argento per Ferro-3.

La storia di compassione e vendetta del cineasta coreano è stata indubbiamente uno dei film più significativi visti quest’anno in laguna, uno dei rari casi in cui il film ha conquistato sia il cuore del pubblico che quello della giuria. Travolto dalla gioia, Kim ha intonato il tema musicale del film al termine della cerimonia di premiazione, avvolto nell’abito tradizionale coreano sfoggiato anche la sera della prima. Un premio atteso da tempo, dopo che il regista aveva anche trionfato a Berlino nel 2004 con La Samaritana.

La vera sorpresa è anche nel doppio premio a The Master, che porta a casa sia il Leone d’argento per la regia di Paul Thomas Anderson sia la Coppa Volpi ex-aequo per Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman. Non accadeva dal 1989 che il premio per l’interpretazione maschile alla Mostra venisse assegnato ex-aequo (quando lo vinsero Massimo Troisi e Marcello Mastroianni per Che ora è), mentre nel 1995 Isabelle Huppert e Sandrine Bonnaire avevano vinto pari-merito per Il buio nella mente. Un premio meritatissimo per uno dei più talentuosi cineasti americani, che per la prima volta riceve un riconoscimento a Venezia dopo l’Orso d’oro a Berlino per Magnolia, l’Orso d’argento per Ubriaco d’amore e il premio alla regia a Cannes per Il petroliere.

Il premio alla miglior interpretazione femminile va a Hadas Yaron, capace di donare delicatezza e determinazione ad un personaggio complesso, che sacrifica la sua indipendenza per il bene della famiglia offrendosi di sposare il marito della sorella defunta. In un ruolo altrettanto remissivo ma di grande forza, l’esordiente Fabrizio Falco ha vinto il Premio Mastroianni con il suo ruolo da figlio silenzioso imprigionato nel mondo grottesco e sguaiato di una famiglia palermitana nel film È stato il figlio di Daniele Ciprì. Interpretazioni costruite sulle sfumature, lontane dai canoni delle prove attoriali normalmente premiate in laguna.

Al cinema italiano, resta solo che consolarsi con l’osella alla fotografia di Daniele Ciprì. Il regista, presente in mostra anche come direttore della fotografia di Bella addormentata, ha vinto per il film da lui diretto. Marco Bellocchio torna a Roma a mani vuote, nonostante il buon film che ha entusiasmato la stampa italiana ma ha probabilmente faticato a lasciare il segno in una giuria straniera. Matteo Garrone, unico italiano fra i giurati, non ha potuto spiegare le ragioni dietro l’esclusione del film dai premi, ma Bellocchio potrà sicuramente consolarsi pensando che è in buona compagnia tra i grandi esclusi. Restano a bocca asciutta Brian De Palma e Terrence Malick, con film che hanno ampiamente deluso le aspettative.

È il racconto corale di formazioneautobiografico Après Mai aggiudicarsi l’osella per la sceneggiatura, dello stesso regista Olivier Assayas. Un film senza fuochi d’artificio ma che ha il merito di ritrarre la generazione 1968 senza cadere nelle solite idealizzazioni. Pochi invece si aspettavano che il terzo capitolo della trilogiadi Ulrich Seidl sulla religione si aggiudicasseil Premio Speciale della Giuria. Paradies: Glaube è stato uno dei film più discussi alla mostra (galeotta fu la masturbazione con un crocifisso), tacciato di vilipendio e attaccato dalla stampa cattolica. Forse l’importante riconoscimento aiuterà la distribuzione di un film difficile da incontrare fuori da un festival, che solleva quesiti importanti sul rapporto tra fede, fanatismo è amore per il prossimo, servendosi di mezzi volutamente provocatori ma anche di sana ironia.

Cosa resterà nei nostri occhi, sovrasollecitati da tante immagini? Le lacrime di Hadas Yaron che sprofonda tra i veli del suo abito da sposa, Joaquin Phoenix che sfreccia verso l’ignoto a cavallo della moto, i monologhi di Philip Seymour Hoffman, l’esilarante protagonista di Paradies: Glaube che costringe un vecchio artritico ad inginocchiarsi di fronte alla Madonna. Lo straordinario finale di È stato il figlio, ma anche il sorriso di Robert Redford, i bikini di Spring Breakers, le urla assordanti in passerella al passaggio di Selena Gomez. E il pianto din una madre e di un figlio in Pietà di Kim Ki-duk. Mentre il Leone d’oro vola via lontano, verso la Corea, lo salutiamo con una punta di malinconia, consci che tornerà da noi solo tra un anno, come sempre per un incontro indimenticabile con il cinema.

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