“INDEMONIATE” DI GIULIANA MUSSO E CARLO TOLAZZI

La Madre e Margherita

Indemoniate, senza speranza né pietà: il demonio di dentro ha il volto della solitudine, dell’incomprensione, della chiusura al mondo esterno – troppo grande, troppo difficile, troppo duro.
Indemoniate: ovvero lo spettacolo scritto da Giuliana Musso e Carlo Tolazzi per la regia Massimo Somaglino, con Sandra Cosatto, Marta Cuscunà, Fabiano Fantini, Riccardo Maranzana, Federico Scridel e Massimo Somaglino, una collaborazione tra Teatro Club di Udine e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, portato in scena in unica regionale mercoledì 12 al Cineteatro Italia di Dolo (Venezia) all’interno della rassegna “Paesaggio con Uomini 2008” di Echidna Cultura.

Il testo, già oggetto di libri e documentari, racconta una storia friulana che risale al 1887 quando, nel paesino di Verzegnis, dalle parti di Tolmezzo, un numero imprecisato di donne (una trentina) viene investito all’improvviso da una sorta di isteria collettiva: i corpi contorti, tremanti, le bave alla bocca, le membra irrigidite. Urla, bestemmie, voci maschili e profonde iniziano senza motivo ad uscire da madri, adolescenti, vecchie.

Senza motivo? A dire il vero, forse qualche valido motivo c’era: i paesini come Verzegnis, in mezzo alle montagne, durante l’inverno si svuotavano, perché gli uomini se ne andavano a cercar lavoro, e le donne rimanevano sole a badare a terra, casa, figli. Ad ogni modo, il prete ha pronta un’altra motivazione: il demonio, appunto. Da parte sua, invece, il medico inviato in tutta fretta dal Consiglio Sanitario Provinciale, ne trova un’altra: “Il problema delle donne è che hanno l’utero, e poi qui sono tutti dementi, si sposano tra loro, e allora succedono le malattie isteriche”. Al sindaco, preoccupato solo di calmare l’ordine pubblico e sopprimere in fretta la questione, i motivi non interessano.

Sacro e profano, scienza e fede, logica e superstizione: grandi nemici. E infatti inizia la guerra: a suon di esorcismi da un lato, di ovorectomie e manicomi dall’altro. Da qualsiasi lato la si guardi, una guerra tra ignoranti che nemmeno sanno di esserlo, e che ridono dello scemo del villaggio (il coinvolgente Federico Scridel): l’unico che, al solito, possiede invece uno sguardo disincantato e lucido. In mezzo, le donne: protagoniste della vicenda eppure completamente impotenti nel decidere il loro destino. E tra le donne, una per tutte, Margherita (Marta Cuscunà), che è lieve e bianca, che soffre, si vergogna, è sottomessa, è fragile. Margherita lascia fare: lascia che la spoglino, la rinchiudano, le tolgano la dignità. Solo sua madre (Sandra Cosatto), forte di roccia, la può salvare e capire, perché solo sua madre la ama.

Sul palcoscenico un testo già forte viene reso con una messa in scena d’effetto, per la potenza espressiva che sprigiona dai personaggi e dall’interpretazione intensa degli attori. Unita ad una scenografia povera (un tavolo e una sedia che diventano di volta in volta altare, lettino per le visite, bancone da lavoro), il gioco delle luci crea spazi pieni e vuoti, che sembrano rifarsi all’arte figurativa (la luce dall’alto che investe figlia e madre inginocchiate a terra, l’una tra le braccia dell’altra, ricorda una “Pietà” animata e sofferente, piena del medesimo amore materno).

Una buona prova d’attore per gli interpreti, soprattutto le donne, con due ruoli centrali rispetto alla vicenda. Intensa Sandra Cosatto, madre coraggio ante litteram, di carne e sangue, di mani rovinate, di lavoro e dignità, di cervello fino, anche se analfabeta. Una donna che, in quanto madre, fa vincere l’amore nella lotta tra logica e illogica, rinunciando a spiegazioni che non potranno arrivare. E, suo contraltare, la figlia Margherita: altrettanto commovente ed efficace Marta Cuscunà, che riesce a rendere l’angoscia della situazione del suo personaggio, sia nelle scene di crisi isterica (la voce sale, si fa intermittente con il respiro, sempre più pesante), sia quando si ritrova nella più impotente sottomissione (davvero riuscita la scena di nudo della visita medica, seguita da un rannicchiarsi progressivo del personaggio, un retrocedere al grembo materno, nel liquido amniotico dell’incoscienza).

INDEMONIATE di Giuliana Musso e Carlo Tolazzi – regia Massimo Somaglino
con Sandra Cosatto, Marta Cuscunà, Fabiano Fantini, Riccardo Maranzana, Federico Scridel, Massimo Somaglino
produzione Teatro Club di Udine e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
www.teatroclubudine.it, www.ilrossetti.it, www.echidnacultura.it
Foto: © Tommaso Saccarola