“Il Tabarro” di Puccini e “Cavalleria rusticana” di Mascagni

Al Petruzzelli di Bari per l'inaugirazione della nuova stagione operistica

“Il tabarro” di Giacomo Puccini, e “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni hanno inaugurato lunedì 6 dicembre la stagione lirica del Teatro Petruzzelli di Bari.

Scritti a quasi trent’anni di distanza l’uno dall’altra (Cavalleria nel 1890, Tabarro nel 1918) rappresentarono, al loro tempo, fermenti politici e passaggi epocali e oggi offrono due esempi estremi di dramma del verismo: raffinato con tratti ironicamente autoreferenziali l’uno, epopea popolare e sanguigna la seconda.

Le due opere scorrono via rapide, circa un’ora ciascuna. I libretti, si sa, offrono trame oggi superate e di stucchevole e un po’ perverso moralismo. Ma la musica, quella no: è eterna e riscatta tutto. Pensiamo al malinconico e dolente prologo della Cavalleria, quasi colonna sonora neorealista. Le ugole sono eccellenti e di grande capacità espressiva: il baritono rumeno Alexandru Agache nei panni di Michele nel Tabarro e di Alfio nella Cavalleria, la bella soprano Susanna Branchini, rispettivamente Giorgetta e Santuzza; il giovane e fascinoso tenore cileno Giancarlo Monsalve, un Turiddu audace e gagliardo ma anche appassionato.

Tre sole le repliche: 8,10 e 12 dicembre. Filologicamente inappuntabile la regia, firmata dal pugliese (da Bitonto, a pochi chilometri a nord di Bari) Michele Mirabella, il professore più amato della televisione. Suggestive le scene del napoletano Nicola Rubertelli. Direttore dell’orchestra il milanese Alberto Veronesi, che si dichiara onorato di aprire la stagione del Petruzzelli “Che – dice – è uno dei pochissimi teatri sani in quanto a gestione, forza, determinazione e ambizioni”.

Ad esordio della “prima”, un comunicato dei lavoratori dello spettacolo informa sulle “penalizzazioni derivanti dai tagli ai fondi ministeriali a cultura, spettacolo, conoscenza e ricerca” e rende nota la solidarietà anche del regista Mirabella e dell’illustre oncologo (padre del direttore) Umberto Veronesi, entrambi presenti in sala. La protesta si stempera nell’Inno di Mameli, suonato prima delle opere in programma, alle cui note iniziali tutto il teatro scatta in piedi, all’unisono, senza esitazioni. Non c’entra con la musica ma piace rimarcare questo segnale di appartenenza e di responsabilità alla vigilia del 150° dell’unità d’Italia, un patriottismo finalmente non ostentato in uno stadio di calcio, bensì in un città del Sud che esprime la sua cultura e la sua storia in questo magnifico teatro che – finalmente restituito alla città nel 2008 dopo il devastante incendio del 1991- fu e resta uno dei più belli del mondo.

Non manca nemmeno qui la sfilata di mondanità e, tra la meglio società pugliese, Nichi Vendola, il barese oggi più noto d’Italia: “Bellissima occasione – dice- per festeggiare il mio onomastico”. Poche battute, per stasera. E più non dimandare…
Che la “prima” della stagione lirica sia il 6 dicembre non è un caso: è il giorno del patrono san Nicola, noto in tutta Europa e oltre, dove è chiamato Santa Klaus. Ma è anche il giorno che precede il 7 dicembre, sant’Ambrogio, in cui Milano inaugura la stagione scaligera. In ciò Bari ha un indiscutibile primato sulla capitala lombarda. Ma dall’ortogonalità transalpina del suo quartiere murattiano, Bari aspira a ben di più: chi non si ricorda il detto “E se a Parigi ci fosse il mare…”?

Il tabarro e Cavalleria rusticana
direttore: Alberto Veronesi, regia: Michele Mirabella, scene: Nicola Rubertelli, costumi: Giuseppe Bellini, disegno luci: Franco A. Ferrari
“Il Tabarro”, Alexandru Agache (Michele), Jean Pierre Furlan (Luigi), Gerard Powers (Luigi), Susanna F. Branchini (Giorgetta), Cristiano Olivieri (Il “Tinca”), Alessandro Battiato (Il “Talpa”), Antonella Colaianni (La Frugola), Camillo Facchino (Un venditore di canzonette), Eleonora Cilli e Michele Arcangelo D’abundo (Due amanti)
“Cavalleria rusticana”: Susanna F. Branchini (Santuzza), Giancarlo Monsalve (Turiddu), Alexandru Agache (Alfio), Rossana Rinaldi (Lola), Maria Cioppi (Mamma Lucia)
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