“A THOUSAND YEARS OF GOOD PRAYERS” DI WAYNE WANG

Mille anni di buone preghiere

Anteprime
Shi è un anziano vedovo di Pechino, scienziato spaziale in pensione: Vola in America per andare a trovare la sua unica figlia, Yilan, che vive negli Stati Uniti ormai da dodici anni. L’intento di Shi è quello di stare vicino alla figlia, da poco tempo abbandonata dal marito che ha fatto ritorno in Cina.

Ovviamente Shi si comporta come un padre che non vede l’unica e amata figlia da dodici anni: premuroso, dolce, curioso, attento e interessato a tutto. Sembra quasi di trovarsi di fronte un papà da cartolina, perfetto in tutto e per tutto. Ma Yilan è scontrosa con lui, e usa nei suoi confronti solo quel minimo di educazione che è dovuta al proprio genitore. Shi è stranito, ma non si abbatte. Passa le sue giornate al parco a chiacchierare, in maniera difficoltosa ma simpatica, con una signora iraniana. La sera invece aspetta con ansia la figlia con la cena pronta e tante domande da porle. Domande che rimangono sempre senza risposta; Shi si convince che è giunto il momento di affrontare vis à vis la figlia, nel tentativo di capirla meglio. Gli altarini, da entrambe le parti, saltano, e finalmente sembra poter nascere un rapporto sincero fra padre e figlia.

Wayne Wang non è mai stato un regista troppo talentuoso: molto buono per film a relativo basso costo, specialmente commedie, che possono pensare di incassare qualcosa (vedi L’Ultima Vacanza, e Un Amore a Cinque Stelle), ma un po’ anonimo nelle sue scappatelle indipendenti, nelle quali si autoproduce e dà sfogo alle velleità autoriali e creative. L’apice a livello artistico l’ha raggiunto certamente con Smoke, quando, nel 1995, porta a casa l’Orso d’Argento al Festival del Cinema di Berlino.

A Thousand Years of Good Prayers, presentato in anteprima al Torino Film Festival e in procinto di essere distribuito in Italia dalla Mikado Film, sembra confermare lo stereotipo, quello di buon regista ma niente più, che Wayne Wang si è man mano costruito nella sua carriera americana. In realtà questa sua ultima pellicola è leggermente sopra la media rispetto alla precedente filmografia del regista. Questo grazie anche al bel romanzo breve di Yiyun Li da cui il film è tratto; la stessa scrittrice, poi, si è premurata di curare l’adattamento per il grande schermo. Sopra la media anche la bella prova recitativa di Henry O nei panni di Shi, uomo premuroso e sinceramente preoccupato per la figlia, ma allo stesso tempo un po’ limitato dalle differenze culturali che si porta con sè dalla Cina, e quindi in difficoltà nel tentativo di comprendere profondamente le ragioni di Yilan. Qualche farragginosità narrativa qua e là, nonostante appunto l’ottimo soggetto, a cui Wang rimedia con una regia pulita e competente, a tratti anche molto bella da vedere.

2007, USA
35mm, 83′, col.
regia/director Wayne Wang
soggetto, sceneggiatura/story, screenplay Yiyun Li
fotografia/director of photography Patrick Lindenmaier
scenografia/set design Vincent De Felice
montaggio/film editor Deirdre Slevin
musica/music Lesley Barber
suono/sound Lewis Goldstein
interpreti/cast Henry O (Shi), Faye Yu (Yilan), Vida Ghahremani (Madam), Pasha Lychnikoff
produttore/producer Yukie Kito, Rich Cowan, Wayne Wang
produzione/production North by Northwest
coproduzione/coproduction Entertainment Farm Inc.
distribuzione/distribution Mikado Film