Berlinale 2016: Berlinale Special
Con il suo nuovo film Chi Raq, Spike Lee si fa ancora una volta portavoce di problemi sociali degli Stati Uniti, in particolare degli afroamericani, sempre più vittime della crisi, della disoccupazione e della violenza di neri contro neri che ormai sta causando più morti che le guerre, persino di più che il terrorismo. Violenza urbana, particolarmente acuta a Chicago, che non orgogliosamente dà una parte del suo nome alla prima parte del titolo del film, che per la restante parte richiama un altro luogo di violenze, guerre, atrocità.
Per questo suo lavoro, il regista statunitense trova curiosamente spunto in un passato e in una cultura che sono alquanto estranei alla comunità afroamericana: si ispira infatti alla commedia “Lisistrata” del greco Aristofane, del 411 a. C., che racconta di una alleanza tra le donne ateniesi e spartane per convincere i loro uomini a cessare la sanguinosa guerra del Peloponneso. L’arma usata dalle donne di allora fu lo sciopero del sesso, la stessa “no peace, no pussy” che usa la Lisistrata di oggi, donna di Demetrios, giovane boss e rapper il cui pseudonimo è Chi raq. Alla fine lei e le altre donne di Chicago, insieme, riescono a far cessare quella lotta tra bande rivali di Troiani e Spartani che terrorizza la popolazione e semina vittime, molte anche innocenti. Ma la fama di questa sollevazione femminile va oltre la città e allo stesso modo si sollevano le donne di tutto il mondo per fa cessare le guerre dei loro uomini. Il film è recitato e cantato in rima, ballato a ritmo di rap, di blues e di rock in un modo che non stona affatto con la cultura “gospel”.
Una specie di prologo unisce le varie parti, richiamando il ruolo del coro della commedia greca.
C’è una certa violenza, si intravvedono sparatorie con bambini uccisi, si intuiscono scene di droga e (ma solo nella prima metà) di sesso: il tutto però è mostrato a fin di bene, ossia per far toccare, quasi con mano, quali sono le cose nefaste che distruggono la comunità, che la dividono, che la tengono nell’arretratezza, nell’ignoranza, nella paura, che alimentano perpetue vendette. È dunque quanto meno controproducente la censura americana piombata anche su questo film che non è un film leggero, anzi, pesantemente e anche un po’ pedantemente moralista ma, a differenza di altri con analogo scopo di denuncia, non sa schiaffeggiare davvero, non colpisce duro con l’arma più potente che ci sia, l’inarrestabile arma graffiante, sottile e bruciante della satira.
Un vero, indiscutibile pregio di Chi Raq è però di mostrare, come aveva fatto già Aristofane quasi duemilacinquecento anni fa, che se per distruggere il mondo vanno benissimo i maschi, per salvarlo, occorre che siano le donne a prendere il potere.