Il raccoglitore di fototessere”: così è stato battezzato Franco Vaccari (Modena, 1936). Invitato ad esporre alla “Galleria Civica” di Varese, l’artista si presentò con alcuni ritratti fotografici, che diffuse fra gli spettatori perché li utilizzassero come “maschere”, per occultarsi od ostentarsi mentre cercava di fotografarli senza che se ne accorgessero. Il titolo della mostra era naturalmente Maschere. Si parla del 1969, e quella è stata la prima “Esposizione in tempo reale” creata dall’artista. Molte ne sono seguite, abbinate a film, “video” e “installazioni”, sempre alla ricerca di una metodologia diversificata per fare dell’arte d’avanguardia.
Oggi più di quarant’anni di lavori dell’artista sono stati raccolti nella “retrospettiva” ospitata a Milano presso lo “Spazio Oberdan”, Col tempo: esposizioni in tempo reale, fotografie, film, video, video-installazioni, 1965-2007, a cura di Vittorio Fagone e Nicoletta Leonardi. Nel sito espositivo il fruitore potrà osservare e meditare su una novantina di realizzazioni fotografiche – effettuate con vari supporti -, due “video-installazioni”, una selezione di nove “video” e di film realizzati a partire dal 1966, oltre a ben ventuno “libri d’artista”, eseguiti tra il 1965 e il 2003.
Fotografo, ma sopra ogni cosa artista, Vaccari tenta da sempre di trasmutare in opere tangibili le indomite sollecitazioni degli anni ‘60 e ‘70: la “Arte Povera” in Italia, all’estero la “Pop art”, che hanno rappresentato in maniera tangibile le proteste contro il cosiddetto “sistema arte”, circoscritto, rigoroso e soprattutto “borghese”.
Dalla metà degli anni ‘60 l’artefice ha incentrato la propria ricerca su tre tematiche: la dissoluzione dell’oggetto estetico modernista, l’utilizzo di strumenti mass-mediatici come la fotografia, il film, il “video” e l’accentuazione delle specifiche condizioni contestuali – spazio/temporali e corporee – della sua esperienza, con particolare riferimento allo spazio pubblico e alle sue metropoli. La ricerca di Franco Vaccari si snoda parallelamente a varie aree di lavoro estetico, ma quella che ne rappresenta meglio il senso può essere indicata con il termine “realismo concettuale”.
I concetti della “traccia” e del “fotografico” sono due componenti caratteristiche delle sue opere. Sin dall’inizio Vaccari non ha usato la fotografia per la produzione delle cosiddette “immagini mimetiche” e “analogiche”, ma quale mezzo tecnico per dare l’impronta di una presenza o di un segnale. I lavori di Vaccari procedono dunque sul fronte del “concettualismo”: ovvero la maniera di concepire l’arte quale rifiuto di annodare la funzione insita nell’opera con l’elaborazione di un risultato estetico, mentre il suo andamento sta nella nozione che precede l’opera stessa in modo che, considerando l’arte un’evoluzione per poter meglio comprendere il mondo circostante, qualsiasi tecnica e/o materiale può essere impiegato per poterla realizzare. Sol Lewitt ha affermato su “Art Form”: “Nell’arte concettuale l’idea concetto è l’aspetto più importante del lavoro. L’idea è una macchina che crea.”
“Spesso rappresentato attraverso la fotografia – scrive in catalogo Nicoletta Leonardi -, il quotidiano assume un ruolo centrale nella definizione delle pratiche artistiche e critiche in Europa. Sebbene con approcci e risultati eterogenei, artisti quali Didier Bay, Christian Boltanski, Marcel Broodthaers, Sophie Calle, Jean Le Gac, Gerhard Richter e Franco Vaccari, indirizzano l’attenzione verso la vita quotidiana, ridefinendo generi narrativi e descrittivi attraverso l’adozione di metodi di osservazione e di registrazione ispirati al modello dell’archivio. Agendo da collezionisti, essi utilizzano cartoline, immagini tratte da giornali, illustrazioni, pubblicità, album di famiglia e istantanee di varia natura, combinando fra loro stili e registri differenti e utilizzando la fotografia non più come arte bella ma come prodotto contestuale e seriale della cultura di massa.” Proseguendo la sua ricerca sulla vita quotidiana fu così che, alla “Biennale” veneziana del ‘72, Vaccari espose “una cabina photomatic”, come quelle che si trovano ancora in alcune stazioni per fare le “foto-tessere”, accessibili ventiquattro ore su ventiquattro, dove all’interno di ciascuna collocò un poster che pubblicizzava la ricerca di volti per la creazione di un film, con un’iscrizione che invitava i presenti a farsi dei ritratti e ad attaccarli al muro: “Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio.” Così l’artista ha riproposto un’occasione di “autocoscienza” offrendo a queste persone uno spazio privato da poter governare autonomamente. Attraverso la macchina fotografica, con cui ha testimoniato e testimonia tuttora le sue esposizioni in “tempo reale”, Franco Vaccari ha donato e regala ancor oggi lo spirito vitale alle proprie opere.
In tempi più recenti – nel ‘97 a Bellinzona, per essere precisi – ha allestito un bar completato da alcuni distributori automatici e dotato di una scritta al neon che rappresentava anche il titolo dell’opera Anche tu qui?! Caffè.
In Cecoslovacchia nel 1999, nella rassegna visiva Da Modena a Klenovà, ha creato alcune stanze consacrate ai cinque sensi, esponendovi cibarie modenesi che il pubblico poteva mangiare, un serpente imbalsamato da toccare, una “camera ottica per la vista”.
I vari ed eclettici lavori dell’eccentrico artista emiliano illustrano una poetica focalizzata su rare quanto vitali tematiche, che Vaccari ha poi riportato nei suoi libri. La creazione di un’opera in tempo reale, spesso conseguenza di “re-azioni spontanee” non-governate dal suo artefice, l’uso della parola come “poesia trovata” o ancora come tratto essenziale del suo lavoro rappresentano una parte fondamentale del repertorio dell’artista, che è fra l’altro uno dei fondatori della “Narrative art”. La sua interazione con il pubblico, inizialmente assai semplice, resa poi sempre più tecnica, lo ha fatto diventare un antesignano nell’uso della “net-art” e nell’invio delle e-mail per dar vita ad azioni a distanza, collegate al suo “Atelier d’artista” on-line, giungendo così al concetto di “inconscio tecnologico” – forse il suo più grande apporto nell’ambito fotografico -, che è quello che mette in campo il dispositivo quando è chiamato ad interagire con lo spettatore in maniera indipendente dall’intervento dello stesso Vaccari.
La mostra è accompagnata dal volume monografico Franco Vaccari, Esposizioni in tempo reale/Exhibitions in real time, con testi in italiano e inglese di Renato Barilli, Valerio Dehò, Vittorio Fagone, Nicoletta Leonardi, pubblicato da “Damiani Editore”, Bologna 2007.
“Franco Vaccari.Col tempo: esposizioni in tempo reale, fotografie, film, video, video-installazioni, 1965-2007”
Dal 13 febbraio al 13 maggio 2007
Milano, Spazio Oberdan
Viale Vittorio Veneto, 2
Tel. 02.77.40.63.00
Orario: tutti i giorni 10-19.30, martedì e giovedì fino alle 22, chiuso il lunedìBiglietti: intero €6,20, ridotto €4,10; gruppi scolastici €2,70 – ingresso libero il primo martedì di ogni mese
Vernissage: 13 febbraio 2007. ore 18