“I giorni dell’abbandono” di Roberto Faenza

Un film consapevole e ben costruito

Olga e Mario dopo dieci anni di matrimonio, nel succedersi delle stagioni in una Torino austera e discreta, si lasciano perché lui si innamora di una bella diciottenne. Il resto è il dolore intensamente femminile di Olga che Roberto Faenza segue passo dopo passo nella speranza di un felice lieto fine.

E’ una bella coppia quella formata da Olga e Mario. Lei, interpretata da una Margherita Buy splendida, fa la traduttrice di romanzi, lui ha il volto di Luca Zingaretti ed è ingegnere. Hanno due bambini piccoli, abitano in una casa grande in pieno centro a Torino. Sono napoletani ma vivono in Piemonte perché Mario ha dovuto seguire il lavoro, sono quindi un po’ in terra straniera, come il vicino musicista sempre in viaggio del piano di sotto impersonato da Goran Bregovic. Tra le nuove amicizie di Mario c’è anche un’affascinante vedova ma è la figlia di lei, Carla, che lo sottrarrà irrimediabilmente alla famiglia e all’amore della moglie. Carla ha solo diciotto anni, ed è bella come il sapore di una novità assoluta. Mario allora scappa letteralmente a gambe levate da casa, un giorno, all’improvviso. Subito non ha il coraggio di confessare ad Olga la sua nuova passione che definisce, lì per lì, come il più classico ‘vuoto di senso’.

Così Olga resta sola con i bambini, senza sapere il perché. Dalla ricerca spasmodica del marito che stacca il telefono più spesso che mai, che è evasivo e scontroso fino alla scoperta del vero motivo della fuga con tutte le conseguenze del caso – e un libro da tradurre in cui si intrecciano i ricordi e che si trasforma in una dolente autobiografia – si consumano i “giorni dell’abbandono”.

Olga discende una scala ripida che, gradino dopo gradino, la immerge in tutte le tonalità del dolore per giungere alla più nera disperazione e alla follia. Perde il controllo delle piccole cose quotidiane, non riesce più a trovare la forza e la capacità di condurre la propria vita, di accudire la casa e i bambini, si smarrisce nella malinconica, austera, ostile ed elegante Torino. Quasi non vede più le persone reali, per esempio il fascinoso musicista straniero, ma solo figure immaginarie che la tormentano.

L’ultimo lavoro del regista di “Prendimi l’anima” e “Sostiene Pereira” è sicuramente un film consapevole e ben costruito. Faenza ha chiaramente adottato un ipotetico e universale punto di vista femminile che è quello dell’omonimo romanzo da cui il film è tratto della scrittrice Elena Ferrante (ed. EO). Il risultato è un classico ritratto, come nei film di Muccino, onestamente realistico e impietoso delle meschinità che si nascondono nelle pieghe dei legami famigliari. Margherita Buy supera se stessa in questa parte magistralmente fastidiosa e affranta, sperduta e arrabbiata. Rappresenta esattamente il percorso di molte donne che si fidano troppo di uomini che invece rincorrono eternamente il modo per restare sempre più giovani, fotografa al tempo stesso la scabrosa realtà che ci circonda, quel destino comune a molti che da un giorno all’altro getta le persone, per lo più donne, nella peggiore delle sofferenze, nell’illusione di non essere più nessuno, quasi di un morire da vivi. Ma quel che manca al film – fortunatamente a lieto fine – è un tocco di ironia e di personalità in più, così ne risulta un pugno allo stomaco, nel male e nel bene.

Titolo originale: I giorni dell’abbandono
Nazione: Italia
Anno: 2004
Genere: Drammatica
Durata: 96’
Regia: Roberto Faenza
Sito ufficiale: www.medusa.it/igiornidellabbandono/
Cast: Margherita Buy, Luca Zingaretti, Goran Bregovic, Alessia Goria
Produzione: Elda Ferri
Distribuzione: Medusa