Collocato a riposo dall’amministrazione doganale nella quale era stato impiegato, a cui deve il soprannome, Henri Rousseau entrò ufficialmente nel mondo dell’arte nel 1884 partecipandovi, due anni dopo, al Salon de Indipendets.
Ebbe da subito il riconoscimento sia da parte degli artisti vicino al simbolismo e al neompressionismo che da parte di illustri rappresentanti delle nuove avanguardie artistiche contemporanee.
Gaugin, Signac, Picasso e Kandinsky, il trentino Tullio Garbari ne colsero l’originalità e il valore. A proposito di Garbari (1892-1931) la studiosa Gabriella Belli, già Direttrice del Museo Mart di Rovereto ora di quelli veneziani, parla entusiasticamente di lui come un artista di cui ancora molto si dovrebbe studiare e che morì giovanissimo a Parigi (nato a Pergine Valsugana), amico di Gino Severini e profondo conoscitore del filosofo cattolico Jacques Maritain. In questa mostra Garbari è presente con due grandi tele, una raffigurante Gli intellettuali al caffè in cui si intravede la vivacità scanzonata di Rousseau, l’altra intitolata La creazione di Eva prestata dal Museo Diocesano Tridentino dal puro stile ‘primitivista’ in cui si equilibria l’estaticità biblica e la profonda attesa della completezza creatrice divina.
Superato l’impressionismo, le creazioni di Rousseau richiamavano l’esotico e certe caratteristiche che avrebbero potuto essere considerate come frutto di una scarsa padronanza del disegno, vennero invece esaltate e imitate interpretandole come una forma di ribellione all’arte “costruita” e un inno alla spontaneità. Molto del suo successo si deve all’appoggio entusiasta dei grandi letterati suoi contemporanei come Jarri e Apollinaire, ritratto nella Musa che ispira il poeta uno dei più famosi ritratti data l’eccentricità del soggetto e il mito che circondava la sua persona e la sua opera.
Non si deve cadere nell’errore di considerare Rousseau un naif nel senso letterale del termine, un ingenuo cioè simile all’uomo immaginato nel Settecento dal suo omonimo, in quanto dietro l’apparente elementarietà di disegno e costrutto vi è la consapevole costruzione di uno stile nuovo e non inquadrabile in alcun movimento definito. Egli sarà invece l’epigono, l’iniziatore facilmente imitabile ma in opere prive della sua profondità e poesia.
Se ad uno sguardo superficiale, infatti, Rousseau appare un naif, in realtà ogni suo quadro è costruito su un ordine interno attorno ad una cifra espressiva inconfondibile e identificante l’autore.
Dipinge stupende nature morte e i paesaggi della banlieu parigina restituendoceli nel loro reale aspetto disvelato e mitizzato a un tempo.
La Fondazione Musei Civici di Venezia in collaborazione con il Museo d’Orsay, gli dedica una magnifica mostra ricca di oltre cento opere provenienti dalle più importanti istituzioni internazionali.
Quaranta di queste opere sono state recuperate nel suo studio dopo la sua morte e le rimanenti 60 appartengono ad artisti amici o estimatori del Doganiere in un esemplare confronto.
Questa mostra veneziana costituisce il punto di arrivo di una lunga serie di studi – da parte soprattutto della Direttrice Gabriella Belli e di Guy Cogeval – avviato più di tre anni fa teso ad indagare in modo organico la sua intera produzione sganciandola dallo stereotipo dell’ingenuità che sia pure involontariamente lo ha danneggiato disconoscendone lo status di archetipo e anticipatore. Non si tratta quindi di un affastellamento di tele per enfatizzarne la quantità, ma di un florilegio di opere scelte, atte a tracciare il percorso pittorico e artistico del Doganiere e a farne comprendere la trama e la poetica intrinseche.
A prima vista possono apparire fuori luogo i quadri di Liberale da Verona e quelli di Fede Galizia. Essi rimandano invece, alla radice di un arcaismo che come un fiume carsico a tratti riaffiora nei secoli riportato in vita dai grandi artisti che in esso si riconoscono.
Il titolo della mostra – Henri Rousseau – Il candore arcaico – è quantomai azzeccato perché riesce a condensare in una breve definizione questo lungo cammino artistico le cui ultime tappe sono ancora da raggiungere.
Sono in mostre sei delle sue famose giungle, natura inesplorata e selvaggia, antico mondo bucolico di virgiliana memoria. I surrealisti le hanno amate scorgendovi in esse una proiezione dell’inconscio con i suoi grovigli, le sue liane mentali che tormentano l’essere umano con i suoi perché irrisolti. Non poteva mancare una serie sceltissima di ritratti femminile e maschili appartenenti alla borghesia parigina, archetipi di quel mondo borghese che da lì a poco, la crudele prima grande guerra avrebbe spazzato via.
Artista poliedrico, affermato e richiesto dalla ricca borghesia parigina, vezzeggiato, ammirato nei Salon, il Doganiere smentisce sotto questo aspetto il clichè dell’artista maledetto votato a una fama postuma e conclude la sua serena vita nella dolce luce di una Provenza primaverile profumata di azzurra lavanda.
HENRI ROUSSEAU
Il candore arcaico
6 marzo – 5 luglio 2015
Venezia, Palazzo Ducale – Appartamento del Doge
Orari di apertura:
9 – 19 da domenica a giovedì
9 – 20 venerdì e sabato
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
Biglietti:
€ 13,00 intero
€ 11,00 ridotto
€ 7,00 ridotto speciale
Info:
http://www.mostrarousseau.it