Trionfa l’amore. Arlecchino, Arianna e il Minotauro è una fantastica didascalia animata, che la compagnia Pantakin dedica a veneziani e turisti ogni sabato e domenica al Teatro San Gallo, vicino a piazza San Marco.
Il racconto, drammatizzato e diretto da Michele Modesto Casarin, narra l’incontro della bella eroina con il mostro, la sua emancipazione femminile, la sfida delle paure e del cliché del “diverso”. Pantalone, re di Creta, riceve la predizione che una vergine sarà data in pasto al Minotauro. Il presagio colpisce sua figlia Arianna, esplode in un quadro allegorico sul destino, danzato dalla maga Circe e Cerva, ninfa dei boschi. Anche Ippolita, regina delle Amazzoni, dà la caccia al mostro, volendo in cambio un marito. Quando Teseo incontra Arianna, rivela presto la sua inettitudine, come Arlecchino che abbaia alla bestia senza mai alzare il fucile. La fanciulla decide allora di travestire l’eroe da donna, ma lui finisce per innamorarsi di Ippolita. Nel duello la guerriera viene uccisa dal Minotauro, affidando a Teseo il suo abbattimento. Quando Arianna soccorre il mostro ferito, scopre che sotto la maschera si nasconde Dioniso, punito da Circe, la burattinaia, riapparsa per resuscitare Ippolita dalla corrida. Lieto fine con doppio matrimonio e la promessa di aprire un’azienda di vino biologico. ll mito di Arianna e del suo filo dorato ispirò un canovaccio della commedia dell’arte, i drammi shakespeariani, le fiabe teatrali di Gozzi, e tra quelle della tradizione popolare europea, la Bella e la Bestia. Nello spettacolo non ci sono madrigali, ma coloriture tonali e stilistiche della commedia dell’arte, rinnovate da canzoni moderne in tema, come “Regina di cuori” dei Litfiba, “Girls Just Want to Have Fun” di Cindy Lauper, adattate dalle vellutate voci degli attori, accompagnate da strumenti suonati dal vivo. Vitali nel perfetto incastro di sottese coloriture emotive, i giovani interpreti consumano con sincerità i dialoghi, il processo mimico e comico delle maschere della commedia dell’arte. I personaggi non indossano costumi stilizzati, ma una loro rivisitazione contemporanea, persuasivi stimoli visivi, come la collana di agata di Arianna o la lancia con la piuma rossa di Castiglia di Ippolita, restituendo l’esistenza innocente e utopica della favola pastorale. La regia esprime una vitale coerenza interna, educa con coraggio a superare i conflitti dei nostri giorni, con l’augurio di illuminare ad ogni replica quel filo illuminato, per “desbroiarse” dal labirinto verso la felicità.