In una Bari indefinita e quasi irriconoscibile, perfetta solo nelle apparenze, ma in realtà marcia e decadente come un inferno sulla terra, vivono Giorgio e Francesco. Due anime di una città misteriosa, due volti di un microcosmo incomprensibile.
Giorgio, ragazzo modello, studente di giurisprudenza ormai prossimo alla laurea, è la maschera del benessere di una città fittiziamente borghese che cela la sua vera natura dietro una facciata di apparente tranquillità. Sul versante opposto, Francesco. Bello e dannato, elegante e misterioso come la sua vita e il suo passato di cui nulla si conosce, ma di cui quel poco che trapela è come la bile nera che cola da un corpo morto.
Due anime opposte, quindi. Destinate a sfiorarsi e fondersi, senza mai però conoscersi a fondo. Senza addentrarsi mai nei territori liminali di quel passato misterioso e straniero che rimane sempre lì in agguato, immobile e latente, ma che non riesce mai ad emergere davvero.
L’amicizia tra Giorgio e Francesco è come una partita a poker, un tacito accordo basato sulla fiducia che non ha però solide fondamenta, perché costruita sul nulla, sulla fascinazione delle apparenze. Partite a poker abilmente truccate per poter vincere, non importa se si truffano ricchi avvocati o poveracci rovinati dal gioco. Quello che conta è vincere sempre. Per poter conoscere qualcosa di nuovo e mai provato, per poter porre fine ad una vita noiosa e sempre tragicamente uguale a se stessa.
Ed è un vuoto logorante quello che accomuna Giorgio e Francesco. Un vuoto da riempire con i soldi facili del baro, gli amori fugaci di belle donne ricche e annoiate, le partite a poker nelle lussuose terrazze baresi, la presunzione di poter cambiare tutto semplicemente giocando la carta giusta.
Ma il tanto agognato poker perfetto non arriva mai. Illude i giocatori facendo finta di arrivare, ma quello che resta sul tavolo da gioco è sempre solo una carta sbagliata. Come una mossa sbagliata (iniziata con il viaggio a Barcellona, cui farà seguito un inevitabile declino)che segnerà l’inizio della fine, la discesa agli inferi. Quello che forse manca al film di Vicari, rispetto al romanzo di Carofiglio da cui il film è tratto, è l’aspetto decadente di questa discesa, che travolge Giorgio fino al punto di fondersi con Francesco in una voragine di violenza insensata. Che spinge Giorgio a ribellarsi a quello che la sua vita e la sua famiglia avevano sempre scelto per lui, per imitare Francesco e la sua sregolatezza, arrivando a conoscere i luoghi più oscuri dell’anima.
Quando ci si spinge a giocare troppo oltre, l’inferno non può essere più solo metafora del gioco, ma un vero e proprio inferno in terra, in una Bari sordida che finalmente mostra la sua vera faccia. Un cantiere a cielo aperto marcio e fangoso, come il luogo in cui avviene lo stupro, in cui l’anima si può solo macchiare.
Giorgio e Francesco, sporchi e tumefatti, sono diventati parte di quell’inferno.
Ma forse questo è il momento per ripartire, per rialzarsi e affrancarsi da un passato non voluto, da un rapporto morboso con la propria madre o da una sessualità violenta (Francesco), o da un perbenismo castrante che non concede mai una vera libertà (Giorgio). Pur essendo consapevoli del fatto che si può solo provare ad alzarsi e dimenticare.
Ma non si può pretendere di cambiare il proprio passato, perché è il nostro passato che cambia noi. Per sempre.
Titolo originale: Il passato è una terra straniera
Nazione: Italia
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata: 120’
Regia: Daniele Vicari
Cast: Elio Germano, Michele Riondino, Daniela Poggi, Chiara Caselli, Valentina Lodovini
Produzione: Fandango, R&C Produzioni
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: Roma 2008
31 Ottobre 2008 (cinema)