Fuori Concorso
Reiko, una giovane scrittrice di successo, su consiglio del suo editore si trasferisce in una casa in campagna per superare una crisi che le impediva di scrivere. Accanto alla sua nuova abitazione vi è una struttura abbandonata, dove un ricercatore universitario studia una mummia millenaria. Nella casa e nella vita della scrittrice si manifestano degli strani eventi dovuti alla mummia e ad un inquietante spettro dalle sembianze femminili. Le strane presenze però non costituiscono un reale pericolo per Reiko, anzi, riceverà da loro la cura per il suo spirito malato.
La protagonista, nelle scene iniziali del film, ha una forte tosse che le fa sputare una sostanza simile al fango; ci appare come una donna insicura (le sigarette accese di continuo e nervosamente) e con un’ alienate dolore dentro di sé. Vede, dalla finestra della sua nuova casa, il ricercatore con il cadavere della mummia: anche quell’uomo sembra essere in qualche modo turbato, incerto sul da farsi e con il peso tutto interiore dei ricordi.
L’editore invece sembra inizialmente un uomo gentile, forse però, troppo premuroso per la sua pupilla scrittrice. L’apparizione è, per molti versi, simile a Reiko: tutte e due scrittrici, una indossa abiti bianchi, l’altra neri, diventano così psicologicamente e stilisticamente complementari. La mummia è a quanto pare il punto interrogativo del film, pare essere la causa degli eventi soprannaturali, quando invece sarà il significato stesso della storia.
Bene, tutta la sceneggiatura ruota in torno a questi cinque personaggi ed a una palude lì vicino, una palude di fango. Il regista, astro nascente del cinema giapponese, realizza un’opera misteriosa che, come lui stesso spiega, vuole essere una riflessione sulla morte: “La verità è che non ho più certezze su cosa sia la morte di quando ero bambino. Così restano domande infantili: cosa succede quando si muore? Non c’è più nulla? Si può comunicare con quelli che sono morti?”.
Tuttavia il film non si sbilancia mai nell’occulto; la morte vuole essere una riflessione sui vivi. La spiegazione è fin troppo semplice e “foscoliana”: comportarsi bene in vita, altrimenti i ricordi (i morti), saranno un enorme peso. Così la mummia rappresenta proprio questo, ma una volta disfatti del suo corpo, non tutto è finito poichè nel finale, un altro cadavere spunta dalla palude, frutto ancora di colpe passate.
Kiyoschi controlla molto bene l’immagine, silenziosa, bilanciata, tanto che le apparizioni dello spettro non disturbano lo spettatore ma si mantengono sempre su una tradizione figurativa orientale. Il regista pecca però un po’ a livello narrativo, dove forse si ingarbuglia nel gioco di spettri, cadaveri e ricordi.
LOFT
Giappone, 2005, 35mm, 115, col.
regia, sceneggiatura/director, screenplay
Kurosawa Kiyoshi
fotografia/director of photography
Ashizawa Akiko
musica/music
Ashiya Gary
suono/sound
Fukada Akira
interpreti e personaggi/cast and characters
Nakatani Miki (Haruna Reiko), Toyokawa Etsushi (Yoshioka Makoto), Noriko Eguchi, Ren Osugi
produttore/producer
Shimoda Atsuyuki
produzione, vendita internazionale/production, world sales agent
Mirovision
coproduzione/coproduction
Nippon Television Network Corporation, Twins Japan S.D.P.