Luigi Magni se ne va… in nome del Cinema sovrano

Fu ospite del “De Sica” di Rionero alcuni anni fa

Luigi Magni ci lascia, a 85 anni, in questo autunno di foglie caduche specie per il cinema; va a far compagnia ad una lunga fila di amici, registi e scrittori, uomini di cultura e di scena, attori ed attrici di una irripetibile stagione, che ha fatto grande il Cinema Europeo.

Lui che ha fatto di Roma, quella degli ultimi due secoli, il centro focale di una rilettura ampia che parte dalla Capitale e che rilegge il divenire dell’Europa. La Roma risorgimentale e papalina, quella di nobili e preti, di borgatari e di rivoluzionari. La Roma che cambia nei secoli ma che conserva nelle radici lo spirito critico di Trilussa e di Belli, del popolano Pasquino e dei mangiapreti. Lo avevamo invitato al CineClub “Vittorio De Sica” di Rionero (in Basilicata) ben tredici anni or sono, insieme a sua moglie, costumista di cinema che aveva lavorato con grandi registi. Accettò subito il nostro invito per premiare gli studenti vincitori del premio De Sica Cinema delle Emozioni; proiettammo in suo onore il suo ultimo film “La carbonara”, mentre qualche anno prima per gli studenti proiettammo “Nemici d’infanzia”, presentato a Venezia nel 1995 in occasione del conferimento del Premio Bianchi alla carriera.

Gigi Magni era affabile ed affettuoso, avrebbe parlato per ore della sua Roma, la conosceva in ogni angolo e soprattutto le sue “sovrapposizioni” urbane. Conosceva la Roma che non c’è più. Apprezzò il nostro territorio e i suoi monumenti. Luigi Magni era nato a Roma nel marzo del 1928, inizia la sua carriera come sceneggiatore e soggettista in collaborazione con Age e Scarpelli, quindi con i più importanti registi italiani dell’epoca, da Mario Monicelli a Luciano Salce, da Camillo Mastrocinque a Mauro Bolognini, ed ancora Festa Campanile e Lizzani, Bianchi e Lattuada.

Ha diretto i più grandi protagonisti del nostro cinema, da Mastroianni a Gassman, da Sordi a Tognazzi, da Proietti a Giannini, dalla Cardinale alla Muti. Ma soprattutto Nino Manfredi, una sorta di alter-ego. Nel1968 dirigerà il suo primo film “Faustina”, ma il successo arriverà con il suo secondo lavoro, con il film (ormai) cult “Nell’anno del Signore”, l’opera che lo renderà noto anche all’estero; commedie romane in bilico tra l’aspetto farsesco e il dramma sociale. Da questo film inizia la collaborazione di Luigi Magni con Nino Manfredi un sodalizio perfetto. Seguirà “Tosca” (nel 1973) con una grande Monica Vitti e “In nome del Papa Re” (del ‘77) col quale vince il David di Donatello per la sceneggiatura. Quindi “Arrivano i Bersaglieri” con un disincantato Ugo Tognazzi. Ed ancora “Secondo Ponzio Pilato” nel 1987, l’anno dopo “O’ Re” con Giancarlo Giannini ed Ornella Muti; “In Nome del popolo sovrano” nel 1991, “Nemici d’infanzia” del 1995, che gli fa vincere il secondo David di Donatello per la sceneggiatura, ed infine nel 1999 “La Carbonara”.

Dopo il film per la TV “La notte di Pasquino” nel 2003 e soprattutto dopo la morte di Nino Manfredi avvenuta nel 2004, Luigi Magni non ha più diretto film. Quell’anno riceverà il premio cinematografico “Stupor Mundi” riconoscimento alla carriera ispirato alla figura di Federico II di Svevia. Nel 20088 riceverà il David di Donatello alla carriera per celebrare i suoi 80 anni e i 40 di attività registica. Un grande cineasta Gigi Magni, un sincero appassionato cultore e narratore dell’Urbe, della città per sempre caput-mundi.