Lo spettacolo è il primo adattamento teatrale mai realizzato dal famoso romanzo di Dostoevskij, pubblicato nel 1865. Gabriele Lavia, oltre a firmare la regia, ne è l’interprete principale; con lui, in scena, recitano Pietro Biondi e Euridice Axen.
L’uomo “del sottosuolo” è un inetto, un individuo senza qualità, un antieroe, una persona malata, incapace di comprendere a fondo la propria condizione di disagiato, in conflitto perenne con se stesso e con la società, nella quale stenta, ovviamente, a trovare un suo ruolo.
«Per “Sottosuolo” Dostoevskij intende una particolare condizione umana: la condizione dell’uomo
solo, escluso dal consorzio umano e ripiegato su se stesso. – dice Lavia – La solitudine è la sua malattia ed essa porta con sé l’indifferenza, l’astio, il livore, l’odio nei confronti di tutti gli altri. Sono questi sentimenti che fanno del “Sottosuolo” il vero inferno sulla terra, inferno alle cui pene i dannati si sottomettono come per una oscena fatalità e con un senso chiaro e vivissimo della propria Colpa, trascinati da una assurda esaltazione».
Nell’adattamento teatrale, Lavia non riporta fedelmente il testo originario, ma parte dall’episodio conclusivo, dall’incontro fra il protagonista e una giovane prostituta, per ricostruire una vicenda esistenziale complessa ed articolata. In una scenografia speculare, e concettualmente opposta (a destra l’elegante interno di un bordello, a sinistra l’appartamento, povero e malandato, in cui il protagonista vive insieme al suo servitore), l’uomo si confronta con due personaggi emblematici: da un lato Lisa, una giovane donna che crede nelle illusioni («che male c’è nel desiderare una felicità mediocre?») e che incarna la possibilità di redenzione grazie all’amore, e dall’altro Apollon, il vecchio servo, che non parla ma recita salmi e che tacitamente rimprovera il suo padrone, simboleggiando in effetti la sua coscienza.
Sullo sfondo cade la neve. Ed è su questo sfondo glaciale che spesso si muove il protagonista, un bravo ed intenso Gabriele Lavia, che riesce a bilanciare i toni del dramma con quelli della farsa, e che dà vita ad un personaggio patetico e crudele al tempo stesso, alla ricerca continua delle ragioni della propria esistenza e animato da una sprezzante furia vendicativa («Mi avevano umiliato per tutta la vita, e anch’io ho voluto umiliare»).
Memorie dal sottosuolo risulta così uno spettacolo di grande impatto, sia emotivo che estetico, indubbiamente molto curato, e a suo modo anche originale rispetto al romanzo di Dostoevskij.
Teatro di Roma
Memorie dal sottosuolo
da Fedor Dostoevskij
adattamento e regia Gabriele Lavia
scene Carmelo Giammello
costumi Andrea Viotti
musiche Andrea Nicolini
luci Giovanni Santolamazza
con Gabriele Lavia, Pietro Biondi, Euridice Axen