“Malavoglia” di Pasquale Scimeca

Da Verga al cinema

Una famiglia di pescatori lotta per sopravvivere alle insidie del mare e della terra, alla ricerca di una vita non più funestata dalla sorte, di benessere e stabilità.

Nel prologo, la forza delle parole si confonde al rumore delle onde e un volto che sa d’antico, di tragedia e di odissea, lascia il posto al reale della fine di un viaggio su navi di ferro e ruggine, cariche di corpi pieni di speranza, sopravvissuti al mare, alle segregazioni e ai deserti roventi. Dai locali, sono detti gli schiavi, alcuni di loro non si fermeranno, mentre altri, accolti e sfruttati, avranno ricovero e lavoro nelle serre di Pachino. Lontani e anche vicini a chi è nato lì, accomunati dal destino che regala e toglie la promessa di un futuro migliore.

Dopo Rosso Malpelo, dramma volutamente senza tempo perché, oggi come ieri, nel mondo i bambini continuano a lavorare nelle miniere, Pasquale Scimeca racconta I Malavoglia, sessantadue anni dopo La terra trema di Visconti. Con la collaborazione di Tonino Guerra riscrive il tempo, i fatti e i luoghi del romanzo, mantenendo una felice comunicazione tra arcaismo e contemporaneità; tra famiglia come nucleo produttivo e affettivo e il desiderio di un’autodeterminazione, libera dai vincoli.
I Malavoglia, restano i pescatori di sempre ma, ai giorni nostri, il desiderio di benessere e le immagini globalizzate sospingono fuori dai confini passati e creano lo spazio per nuovi incontri, nuovi desideri e nuove minacce. La terra, la “roba”, la tradizione, sono difese dai vecchi: con rabbia o con l’incedere rassegnato di chi nella vita ha attraversato più mondi. Sono gli uomini del 900, solitari superstiti. Padron ‘Ntoni, Bastianazzo, La Longa, ‘Ntoni , Mena, Alessi e Lia, ci sono sempre, ma a loro si aggiunge Alif, marocchino saltato giù dal barcone, sfuggito ai lager dei centri d’accoglienza e in fuga da una realtà che ha in sé la memoria antica delle origini del romanzo: povertà e riscatto.

Un cast eccellente, di attori professionisti e non, anima la lingua stretta di Sicilia, confusa tra i marosi, il dolore del lutto e la perdita del senno. Con la complicità della musica composta da Alfio Antico, Scimeca, concreto e poetico, riesce a imprime alla sua opera bellezza e potenza. Sovrappone linguaggi che sembrano antitetici: la forza espressiva dello sguardo e del gesto del teatro antico all’autenticità dell’immagine registrata che ha lo spessore del reale. Ma, il gioco della trasposizione, la ricerca insistita dell’attuale connotazione dei personaggi, nel rispetto degli intrecci originari, penalizzano il racconto avvicinandolo in alcuni punti alla cadenza dello sceneggiato televisivo, dove la necessità di essere espliciti porta alla rinuncia di ben più efficaci sospensioni narrative.
Luminoso, quindi, ma con ombre ed estranee abbondanze: come Maruzza, interpretata da una ieratica Doriana La Fauci, che malata di dolore e preveggenza, nell’evidenza di un’interpretazione volutamente teatrale duplica le sue azioni. O la carrellata dei destini, in un epilogo troppo affine a Happy Family. Al termine però, una condivisa speranza: che dopo Mena, al seno di molte altre donne possano attaccarsi bimbi frutto di amori coraggiosi e lontani dai pregiudizi, a sconfiggere coloro che auspicano la protezione di un mondo che ormai è e deve essere di tutti.

Titolo originale: Malavoglia
Nazione: Italia
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 94′
Regia: Pasquale Scimeca
Sito ufficiale:
Cast: Antonio Ciurca, Giuseppe Firullo, Omar Noto, Greta Tomaselli, Doriana La Fauci
Produzione:
Distribuzione: Istituto Luce
Data di uscita: Venezia 2010
29 Aprile 2011 (cinema)