“NON APRITE QUELLA PORTA: L’INIZIO” DI JONATHAN LIEBESMAN

Tipica macelleria clandestina

La nascita di Leatherman, le prime efferatezze, gli omicidi seriali, il cannibalismo come scelta estrema. Il macello, le mannaie, la prima motosega, la nuova faccia, la solitudine della provincia americana. Si apre la porta al prequel del massacro più famoso del Texas. Si apre la porta alle spiegazioni, all’aneddotica spicciola, alla pre-historia del mostro Thomas. Si apre la porta e sgorgano torrenti di sangue. Chiudete quella porta!

Il prequel uccide la fantasia. Ammazza ogni possibile immaginazione realistica, scioglie nell’acido la capacità di immedesimazione, sventra il terrore del non sapere, tortura lo spettatore. Ai delitti post-carpenteriani di Michael Myers sottendevano motivi sessuofobici, a Jason Voorhees mancava un Venerdì, ma senza reali ragioni psicoanalitiche. Laghi di sangue, punto. Sequel e prequel che si rincorrono in un circolo vizioso, pigre sceneggiature e regie da video-clip che si ergono a nuovi modelli cinematografici, pellicole che si misurano in primo luogo sull’ostico campo dei pochi secondi del trailer o scambiandosi il testimone di finale aperto più o meno riuscito. E se in estate era stata la volta del remake del Craveniano Le colline hanno gli occhi, portatore sano di notevoli cadute di stile ma anche di idee interessanti e una fotografia originale per il genere, il sequel del ragazzo con la motosega impazzita cresciuto in una placida famiglia cannibale, non riesce a stupire in nessuna sequenza. Si ricordano con piacere i titoli di testa (strepitosi quelli delle Colline), che condensano con uno stile allucinatorio la crescita di Thomas, dopo aver assistito a una nascita che sa di Passione e ricorda per il ribrezzo d’ambientazione la venuta al mondo del collega assassino Jean-Baptiste Grenouille nel recente Profumo.

La cronaca come punto di partenza del film-fulcro del regista Tobe Hooper, Non aprite quella porta, datato 1974, come anche nel successivo firmato dal regista di Austin, Quel motel vicino alla paura. Da allora sono tre i sequel del Texas Chainsaw Massacre, che, sbiaditi a vari livelli, hanno tralasciato l’orrore del quotidiano per tuffarsi pervicacemente nello splatter autentico, esibito, sfoggiato con energiche colate di sangue e crudeli atti di morte. Il vero killer è lo strumento, la motosega, epitome di un arto mancante, dimenticato dai creatori di Cluedo, acceso al massimo acustico (a batterie o elettrico non si comprende) e creatore della macelleria clandestina nel classico scantinato di una casa di provincia americana, dove sgorgano fiumi di sangue che nemmeno la fontana del Bernini potrebbe contenere.

Nel ruolo del padre “adottivo” di Thomas il rodato R. Lee Ermey, munito del tipico sadismo verbale sotto le cui grinfie era passato nella macelleria della caserma un certo soldato Palla-di-lardo. Dietro la macchina da presa il regista sudafricano Jonathan Liebesman, autore di cortometraggi e dell’horror Darkness Falls, Tobe Hooper produce e supervisiona, con la complicità di Michael Bay. Se fosse vivo l’originale Leatherface, saprebbe cosa farne, con l’aiuto della cinghia dentellata della sua motosega.

Non aprite quella porta: l’inizio
Titolo originale: The Texas chainsaw massacre: the beginning
Sito internet originale: www.texaschainsawmovie.com
Paese: Usa
Anno: 2006
Durata: 100 min.
Regia: Jonathan Liebesman
Sceneggiatura: Sheldon Turner, David J. Schow
Fotografia: Lukas Ettlin
Musica: Steve Jablonsky
Cast: Jordana Brewster, R. Lee Ermey, Taylor Handley, Diora Baird, Matt Bomer, Terrence Evans
Produzione: Michael Bay, Tobe Hooper per la Platinum Dunes, Hooper Production
Distribuzione: Eagle Pictures
Uscita: 7 Dicembre 2006 (cinema)