Si è conclusa con un grande successo di pubblico la 41. edizione del Torino Film Festival, una kermesse cinematografica che, nell’arco di nove giorni, ha presentato ben 181 film nella Selezione Ufficiale di cui 128 lungometraggi, 13 mediometraggi, 40 cortometraggi, con 59 anteprime mondiali, 10 anteprime internazionali, 3 europee e 68 italiane.
La giuria ha assegnato il premio per il Miglior film a La palisiada di Philip Sotnychenko (Ucraina), mentre il Premio speciale della giuria è andato a: Le ravissement di Iris Kaltenbäck (Francia) con la seguente motivazione: “Film armonicamente riuscito, dove tutto concorre all’ottimo risultato finale. Iris Kaltenbäck, con la complicità degli interpreti Hafsia Herzi, Alexi Manenti e di tutto il cast, realizza un’opera prima matura e coinvolgente”.
Un esordio davvero molto interessante che ha vinto anche il premio come miglior attrice assegnato ad Hafsia Herzi, nata in Francia da padre tunisino e madre algerina. Un’interprete che aveva esordito giovanissima nel film Cous cous di Abdellatif Kechiche per il quale aveva vinto il premio come attrice rivelazione al Cèsar 2008 e il premio Marcello Mastroianni come miglior attrice emergente alla 64ª Mostra d’arte cinematografica di Venezia.
Inoltre, tra i premi collaterali assegnati al film, spicca quello della Scuola Holden come miglior sceneggiatura. Gli studenti della Scuola Holden hanno assistito alle proiezioni della quarantunesima edizione del Torino Film Festival e hanno assegnato il Premio a uno dei lungometraggi in concorso.
I lavori della giuria, composta dagli studenti del college Drama del biennio 2022/2024, sono stati coordinati dallo sceneggiatore Aaron Ariotti. Gli allievi Bianca Giardina, Tommaso Leotta, Davide Procopio, Elena Scipione ed Eleonora Vecchio hanno assegnato il Premio per la miglior sceneggiatura appunto a Le ravissement (Francia) con la seguente motivazione: “Per la capacità di raccontare, con una scrittura intima e incisiva e un’equilibrata struttura narrativa, la tensione tra la ricerca di una felicità e la consapevolezza dell’impossibilità di raggiungerla”.
Ed è davvero ben costruita la vicenda che vede come protagonista Lidya, una giovane ostetrica che si dedica con grande impegno alla sua professione. Però per una serie di situazioni sembra perdere il controllo della sua quotidianità. Da una parte c’è una delusione amorosa, dall’altra la gravidanza della sua migliore amica Salomé e poi l’incontro con Milos che si rivela al di sotto delle sue aspettative perché invece di poter costruire una relazione stabile si trova ad aver vissuto solo un’avventura.
E così Lydia si ritroverà ad inventare una serie di bugie e menzogne che diventano sempre più pesanti e incontrollabili e delle quali finisce per essere vittima, non riuscendo più a trovare una via d’uscita. Molto si basa sulla capacità interpretativa di Hafsia Herzi ma la giovane regista parigina, al suo esordio nel lungometraggio, è bravissima a creare sintonia con la sua protagonista.
Il film che era stato presentato quest’anno alla Semaine de la Critique del festival di Cannes ha la maternità come tema centrale, ma racconta anche del sottile confine tra verità e bugia e di come, talvolta, le menzogne siano il frutto di situazioni difficili, magari di disagio, di solitudine o anche di insoddisfazione. Bisogna inventarsi una nuova realtà se quella vissuta non è adeguata alle proprie esigenze. Però il rischio è quello di perdere il controllo della situazione perché le invenzioni e gli inganni diventano così grandi che diventa complicato dare credibilità ad una realtà parallela che si può sostenere fino ad un certo, poi tutto può franare da un momento all’altro, con conseguenze davvero incontrollabili.