Juliette Binoche, la cinquantacinquenne bellissima attrice francese, brava e tanto stimata da essere stata scelta quale presidente della giuria internazionale della 69° edizione del Festival del Cinema di Berlino, rischia di cadere in trappola.
La trappola di un film che corre pericolosamente in bilico tra conformismo e modernità, tra pregiudizio e disinvoltura e che non si accontenta di risolvere un problema alla volta. Il tema di fondo parrebbe riguardare le conseguenze che può avere il giocare con i sentimenti. Un tema non certo originale, la letteratura (e la vita) è zeppa della disperazione di giovani donne e uomini ingannati da un amore fasullo. Qui il falso si crea su facebook.
Claire (la Binoche), affermata insegnante di lettere, madre di due figli e testé abbandonata dal marito per una donna molto più giovane, inizia una relazione con un ragazzo che ben presto la lascia perché – dice lui – “potrebbe essere suo figlio”. Bel complimento, che signorilità! Lei cerca allora di avvicinare Alex (François Civil), un altro bellissimo venticinquenne, collega del precedente; ma non osa rivelarsi apertamente; lo contatta invece attraverso un falso profilo di una 24enne, che lei gestisce con la maestria di una donna intelligente e che fa innamorare Alex alla follia.
Fin qui i fatti sono raccontati da Claire alla sua analista, la algida dottoressa Bormans (Nicole Garcia). Poi il racconto si ramifica, come in una molteplice sliding doors e intendiamo che si tratti di un romanzo terapeutico, che Claire scrive con il supporto della Dottoressa Bormans; il finale, che resta aperto, dipende (forse) dal livello di guarigione della paziente.
Dunque, parrebbe di poter riassumere così:
A- Alex si potrebbe suicidare per amore non essendo mai riuscito a vedere in carne e ossa la sua bella amata virtuale;
B- Claire muore accidentalmente e così è lei che si toglie di mezzo;
C- I due si incontrano davvero e Claire scopre di piacere ad Alex così come è. (E ci mancherebbe che il giovanotto facesse il sofistico davanti a una donna come Juliette!) I due innamorati stanno felicemente insieme per un periodo poi si lasciano; lui si fa una famiglia e lei per consolarsi scrive un romanzo della loro storia;
D- I due innamorati stanno felicemente insieme e lei scrive un romanzo della loro storia ma non sa come finirlo perché la storia non è finita. Ma, c’è un ma: riuscirà la matura Claire a far dimenticare al baldo Alex la bella, giovane e sconosciuta avatar?
E dunque noi mature donne del pubblico ci chiediamo se, sotto sotto, Safy Nebbou, cinquantenne regista francese di origine tedesca e algerina, non abbia voluto dirci che una, passati i cinquanta, può essere contenta di essere ancora viva, ma giù la mani da uomini più giovani. È mai possibile che il privilegio di avere relazioni con persone dell’età dei propri figli debba essere, e restare, cosa da soli uomini?
Certo, se una a cinquantacinque anni è ancora splendida come la Binoche, si può permettere di tutto. Ma se una non lo è? Possibile che solo gli uomini si possano permette la pancetta, la pelata a anche la compagna ventenne?
Insomma, se questo film non avesse la divina Juliette per protagonista, non sarebbe nemmeno da menzionare.
Davvero azzeccato è invece il titolo italiano, che gioca sottilmente sulla doppia valenza del termine “profilo”: quello fisico e quello virtuale.