Giovanni Andrea Zanon e Maurizio Baglini insieme a Pordenone

La star del violino accoglie la sfida di una serata all'insegna della musica da camera

Sarebbe interessante poter chiedere al pubblico che ha affollato il Teatro Verdi di Pordenone, da quali dei tanti elementi messi in gioco si è fatto trasportare nell’incontro tra Giovanni Andrea Zanon e Maurizio Baglini. Perché quello di lunedì 15 maggio è stato, per certi aspetti, il concerto di una strana coppia: giovane violinista seguito da migliaia di follower e famoso persino in televisione, il primo, acclamato pianista sulle scene internazionali e affermato direttore artistico, il secondo.

La loro unione non trova definizione alla voce del duo cameristico poiché si è verificata, almeno per ora, solo in questa occasione. Eppure l’intesa che hanno dimostrato sul palco racchiude molta più affinità di quel che si potesse immaginare. Non si tratta infatti di un’ulteriore operazione per dar sfoggio alle abilità del solista. Nella musica da camera non c’è posto per il crudo protagonismo, eppure non sono un duo consolidato. E del repertorio “strappa applausi” per violino con accompagnamento pianistico non c’è stata traccia, poiché il programma poggia su due importanti Sonate cameristiche.

Benché già presente nel repertorio di Zanon, la prima Sonata per violino di Schumann si modella sulla linea dell’integrale pianistica perseguita da tempo da Baglini. Lo dichiara la necessità di ricorrere all’essenza di un suono calibrato tra il pianissimo e il mezzoforte, per poter acconsentire agli sprazzi di vitalità di presentarsi con maggiore incisività. Di questo Maurizio Baglini ne ha fatto la sua cifra stilistica, grazie alla sua capacità di condurre l’ascoltatore all’interno di quella regione percettiva che si potrebbe definire dell’udibile sottile, quel mondo di minuziose fantasie timbriche che il pianista domina con invidiabile naturalezza. A far da contrappeso, si inserisce la Sonata di Strauss, quasi una sfida lanciata al violinista che non la conosceva e la prepara in una manciata di incontri. Strana abitudine per un giovane divo.

Notizia a parte, l’esecuzione sottolinea una maggiore freschezza espressiva, soprattutto nel secondo movimento, corredata da una serie di sottilissimi accorgimenti timbrici che Giovanni Andrea Zanon rimanda ai virtuosismi del Rondò Capriccioso di Saint-Saëns e alla Polonaise Brillante di Wieniawsky. Altri due bis si aggiungono in coda a soddisfare il tifo di un pubblico in parte poco abituato al rituale del concerto, forse per questo anche più genuino, che ha affollato infine il foyer alla ricerca di un autografo ricordo.

Sono questi gli elementi che, se da un lato sgonfiano l’immagine del musicista costruito dal tritacarne mediatico, dall’altro evidenziano maggiormente il carattere musicale, se non l’atteggiamento artistico, in un concerto pensato appositamente per poter porre la giusta attenzione alle capacità del giovane violinista nelle insolite vesti di camerista.