I due gemelli veneziani secondo Malosti

Credits Serena Pea

I due gemelli veneziani, commedia di Carlo Goldoni datata 1747, è di scena dal 3 al 6 febbraio al Teatro Toniolo di Mestre. Prodotto da Teatro Stabile del Veneto con Fondazione TPE Teatro Metastasio di Prato, lo spettacolo avrebbe dovuto debuttare il 3 dicembre 2020 e poi percorrere l’Italia fino a febbraio 2021. Le restrizioni Covid hanno imposto la necessità di una prima diffusione in streaming, rimodulando quindi la distribuzione in sala.

Scritta due anni dopo Il servitore di due padroni, la commedia è ancora lontana dalla riforma compiuta dal Teatro comico, fondamentale giro di boa nella produzione goldoniana. Qui le maschere sono ancora pregne della loro vitalità guittesca, certo più ai margini che nel Servitore, si parla italiano e veneziano e si abbracciano il tema classico del doppio, da Plauto in poi topos teatrale e letterario, e gli intrighi della commedia nera e romanzesca in voga nel secolo precedente.

Primo approccio del regista Valter Malosti con Goldoni, l’adattamento a quattro mani con la drammaturga Angela Dematté pare non perfettamente centrato. Sfrondata di snodi importanti come la scoperta dell’accordo matrimoniale da parte di Tonino e dei duelli tra Lelio e Florindo, ridotte certe parti moralistiche, si ride grazie al mantenimento del meccanismo comico, incentrato sul travolgente minuetto degli scambi di persona, dei confondimenti creati dai due gemelli, Zanetto lo sciocco e il posato Tonino che hanno le fattezze del funambolico Marco Foschi, in cui c’è un po’ del Poiana di Pennacchi e del miglior Balasso.

Credits Serena Pea

Eppure diventa fin dall’inizio una lunga meditatio mortis davvero cupa, idea molto lontana nella mente dell’autore, ampliata dalla scena oscura di Nicola Bovey, dal paesaggio sonoro di G.U.P. Alcaro, non semplice riempitivo ma vero e proprio commento all’azione, e dai costumi dark di Gianluca Sbicca. Si parte dalla fine, con Zanetto morto steso su un tavolo, mentre uno Zanni napoletano, novello Caronte, ci invita a riviverne gli ultimi istanti. Pulcinella (l’istrionico Marco Manchisi), figura ultraterrena, appare di nuovo addirittura triplicato alla morte di Zanetto e nel finale dà persino il potere a Rosaura di ricordarsi eventi che a due anni la giovane non poteva certo rammentare, alla presenza dell’anima della madre, assassinata alle basse di Caldiero. Riporta il Goldoni, nell’introduzione alla commedia, che la dipartita in scena del gemello stolto suscitava grasse risate, facendoci capire come la scelta del commediografo fosse diametralmente opposta da quella presentata in questo contesto. Ulteriormente poco riuscito l’Arlecchino immigrato (sempre Manchisi) che parla veneto con accento meridionale, forse nato dalla volontà di attualizzare il personaggio, ma assai fastidioso nel giostrarsi tra i due dialetti. I personaggi ne escono ridotti alla loro umanità, ritratti nell’essenza di caratteri, tutti afflitti da un nervosismo isterico che rinveniamo sovente quando si tratta di portare sul palco Goldoni.

Credits Serena Pea

Il cast, oltre agli attori già citati, comprende anche Camilla Nigro (Colombina), Anna Gamba (Rosaura), Irene Petris (Beatrice), Danilo Nigrelli (Pancrazio), Alessandro Bressanello (Balanzoni/Tiburzio), Valerio Mazzuccato (Brighella/Bargello), Vittorio Camarota (Florindo), Andrea Bellacicco (Lelio/Facchino).

Successo di pubblico alla prima del 3 febbraio al Teatro Toniolo di Mestre.

Luca Benvenuti