La Scuola del Sole, nei sobborghi di Teheran, è un istituto gratuito per ragazzini di strada, mandato avanti da professori che vogliono dare un futuro a quella parte di giovanissimi abbandonati a sé stessi, quindi nelle mani della criminalità. Sono 280 gli allievi, i più meritevoli hanno avuto un futuro, chi nello sport chi nella matematica, perché meritevoli. A tutti viene impartita un’educazione di base; vengono prima di tutto tolti dalla strada, poi viene insegnato a dire di no, a controllare la rabbia.

Sono per lo più ragazzini sfruttati, anche dagli stessi genitori, quando ci sono, per necessità o per vigliaccheria.
Così come Alì, un dodicenne, scavezzacollo, con una piccola banda di amici. Lavorano, compiendo spesso crimini, al soldo di qualche boss della zona. Proprio uno di questi uomini senza scrupoli, affida al ragazzo e ai suoi amici un lavoretto da compiere: devono iscriversi alla Scuola del Sole e poi scavare un tunnel sotto le fondamenta per trovare un tesoro.

I ragazzini riescono nell’impresa; e tra una lezione e l’altra, tra nozioni di matematica e scienza, giochi in cortile, scavano armati di martello e scalpello. Ma il mondo degli adulti è instabile, truffaldino, insano.

La Scuola, che si mantiene attraverso donazioni è in difficoltà e alcuni genitori hanno progetti diversi, nel bene e nel male, per i loro figli.
Così, Alì, che ha 12 anni e almeno tre vite vissute, deve cavarsela nuovamente da solo contro un ostile mondo di adulti.
Tra disperazione e desolazione, si fanno largo comunque un piccolo sistema scolastico e un insegnante in gamba, seminando qualcosa dentro di lui.

È un motivo umano quello che ha spinto il celebre regista iraniano Majid Majidi a dirigere, e scrivere con Nima Javidi, questa storia drammatica nel descrivere la società, tenera nel parlare dei protagonisti.
Con una mobilissima macchina da presa, e un punto di vista lucido e fluido, il regista mostra il suo dolore nel vedere questi ragazzi – mai un ombra di melodramma o ricatto morale – senza il futuro straordinario che meriterebbero e spezza il cuore dello spettatore (la scena dell’assalto per entrare a scuola, nella sua naturalezza, toglie il fiato e fa scendere lacrime copiose) che si trova davanti una infanzia che non è un’infanzia, ma già una età adulta imposta.

Khorshid, in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia anno 2020, è un film straordinario, a passo d’uomo, affamato di realtà.
Stupendamente recitato: applausi a scena aperta a tutto il cast, soprattutto ai ragazzini con i loro volti perfetti, autentici, sinceri e coinvolgenti.