La giovane rampolla dell’alta società messicana Marianne sta per sposarsi. La cerimonia civile si svolge tra le lussuose – e più sicure – mura della grande casa dei genitori, progettata con gusto contemporaneo dal fratello rampante architetto. Tra gli invitati la crème de la crème della classe dirigente nazionale: politici, imprenditori e i loro figli pronti a festeggiare, come sempre avvolti dal guscio protettivo della loro ricchezza. Ma la bolla sta per scoppiare. Per le strade monta la rivolta di chi, invece, non ha nulla. Quando la violenza si insinua alla festa, il denaro da protezione diventa bersaglio. La sommossa è fuori controllo. È il momento per l’esercito di fare la sua mossa.

È un Messico in fiamme quello raccontato da Michel Franco. Una realtà alternativa certo, ma non così distante dalla storia di un paese segnato da corruzione, colpi di stato e una disparità economica e sociale sempre più pesante. Una distopia relativa, dunque, soprattutto perché Nuevo orden parla soprattutto di disuguaglianze. E quelle, di certo, nella realtà che viviamo tutti i giorni, non mancano. I rischi dell’aumento del divario tra chi ha tutto e chi non ha niente non ha bisogno di universi paralleli per essere colto.

Per ricordarcelo, e per sottolineare l’urgenza della questione, il regista del già apprezzatissimo Chronic realizza un film diretto, crudo, violento e assolutamente antiretorico. Nessuna facile metafora, nessuna sottotrama a farcire la narrazione che procede senza fronzoli nella direzione di un “nuovo ordine” che sarà uguale al precedente, in un sadico circolo vizioso in cui la sperequazione riproduce inevitabilmente se stessa.

Ma non siamo in ¡Que Viva Mexico! e questa non è la rivoluzione messicana. La dittatura, prima di essere militare, è economica. È Il Sistema a generare il conflitto. Gli echi marxisti rimangono sullo sfondo però, perché non c’è tempo per fermarsi a spiegare, contestualizzare, abbandonarsi a facili simbolismi. Seguiamo Marianne (attraverso la solida interpretazione di Naian González Norvind) nel suo tragico percorso costellato di regole che non esistono più, gerarchie che sembrano stravolte solo per rimaterializzarsi più resistenti che mai.

Paradossalmente, è proprio l’assenza di uno sguardo giudicante a fare di Nuevo orden – al di là degli echi neofascisti che potranno risuonare nelle orecchie del pubblico italiano per questo titolo – un film significativo, attualissimo e necessario. Con un approccio quasi documentaristico nell’effetto, ma capace di dosare bene gli elementi di finzione, tra tensione narrativa ed emozione, la storia di Marianne diventa una discesa agli inferi che attraversa per un momento le disuguaglianze della società per poi tornare, in un modo o nell’altro al suo posto, come i cerchi nell’acqua si diradano e spariscono progressivamente dopo aver gettato un sasso in uno stagno.