Louisa (Mala Emde), di nobile famiglia tedesca e studentessa alla facoltà di legge, decide di unirsi alla P31, una sociale Antifa dove vive anche la sua amica Batte (Luisa-Céline Gaffron) che la sponsorizza con il resto del gruppo. Lì incontra il fascinoso Alfa (Noah Saavedra), inizialmente restio ad accogliere Louise nella loro comunità.

Il rito di passaggio che la farà accettare si presenta alla prima manifestazione a cui prende parte: durante la protesta al comizio di una candidata politica dell’estrema destra, la cui sicurezza si compone di noti soggetti fascisti, Louise riesce a rubare il cellulare di un vigilante che stava riprendendo i manifestanti e, grazie all’aiuto di Alfa, riesce a sfuggire quasi illesa al tafferuglio che ne consegue. Le informazioni contenute nel telefono, decrittate grazie all’amico Lenor, daranno il via a una serie di raid violenti da parte di alcuni membri della P31 contro i gruppi neonazi, e la scoperta di ordigni esplosivi potrebbe portare a conseguenze drammatiche per tutti coloro coinvolti.

La domanda che la regista Julia von Heinz si pone, e pone allo spettatore, è che ruolo possa avere la violenza nella quotidiana lotta al fascismo; o meglio: cosa è lecito fare per difendere l’ordine e le libertà costituzionali? Fino a che punto è legittimo spingersi? Dato il proliferare di gruppi di estrema destra, non solo in Germania ma in Europa e nel mondo, è una domanda più che attuale, sebbene la prima idea del film sia nata a partire dall’effettiva esperienza di militanza della regista negli anni Novanta. Questo interrogativo viene impersonato da Louise, entrata alla P31 con tanta voglia di appartenenza e degli ideali, stimolati anche dai suoi studi in legge, che sembrano miseramente sgretolarsi a fronte dell’effettiva realtà e violenza dei gruppi fascisti. Inizia così ad allontanarsi da Batte e dal suo approccio più pacifico per seguire Alfa e la sua idea di rispondere a violenza con violenza, forse anche perché è l’unico modo per mantenere l’interesse del ragazzo, che a tratti sembra essere l’unica spinta che la muove davvero.

Il film, che in alcuni punti ricorda più un dramma adolescenziale alla Come te nessuno mai, ha i suoi momenti migliori quando Louise si relaziona con Dieter, un ex militante ormai fuori dalla scena politica che sembra rappresentare la visione più adulta (o più antica?) degli ideali giovanili della regista. Più volte, infatti, lui sottolinea come “picchiare i nazisti sia solo la punta dell’iceberg” e di come, ai suoi tempi, gli obiettivi fossero, per esempio, i pezzi grossi della Siemens.

È anche grazie a lui se alla fine Louise riesce a ritrovare una propria, fragile, identità di cui durante il resto del film sembra essere pericolosamente carente, facendosi più spesso trascinare dagli eventi – nello specifico, dalla sua attrazione per Alfa – piuttosto che esserne padrona. Certamente a muoverla c’è una percentuale di senso di colpa, derivante dalla sua estrazione sociale, che però non viene mai esplorata (“Se non sei di sinistra sotto i 30 anni sei senza cuore, se sei di sinistra sopra i 30 anni sei senza cervello”, dichiara scherzosamente suo padre, mentre stanno scuoiando un cerbiatto appena ucciso in una battuta di caccia, e che chiaramente vede l’impegno di sua figlia come una sorta di vezzo giovanile), così come le motivazioni che la spingono a unirsi alla P31, sebbene evidenti, non vengono mai esplicitamente dichiarate.

La risposta alla domanda che attanaglia Louise e che ha dato origine all’opera si trova in una sorta di facile compromesso nel finale che, a parte la soddisfazione momentanea, un po’ delude nella sua soluzione semplicistica. Nel complesso è un film interessante e attualissimo anche in Italia, che però non indaga davvero a fondo nessuno dei due mondi che vuole rappresentare, limitandosi a uno sguardo superficiale sulla lotta politica e preferendo concentrarsi maggiormente sui conflitti emotivi della protagonista.