“La chiave di Sara” di Gilles Paquet-Brenner

Non verrà mai meno la necessità di ricordare

“Quelle ore buie macchieranno per sempre la nostra storia e sono un insulto al passato e alle nostre tradizioni”. 1995, sono le parole di Jacques Chirac – allora presidente della Repubblica Francese – in occasione della commemorazione del Vél’D’Hiv, il velodromo di Parigi dove nell’estate del ‘42 vennero ammassate le famiglie ebree rastrellate da poliziotti e gendarmi, in attesa della deportazione in Polonia. Un inferno, chiuso e ignorato, sebbene grida e odore invadessero la città. Una risposta alle richieste dei nazisti. Liste alla mano, furono 4.500 gli uomini d’ordine francesi dedicati a irrompere nelle case; e furono 10.000, tra uomini, donne, bambini e anziani, gli ebrei che per dieci giorni di un luglio rovente rimasero chiusi nel Vél. Poca acqua e poco cibo, senza giacigli né servizi igienici, ammassati in attesa di essere consegnati ai carnefici. Una delle tante pagine della vergogna, rimosse in parte, o circoscritte nel ricordo di filo spinato e baracche, sempre in luoghi lontani.

Tratto dall’omonimo romanzo di Tatiana De Rosnay, il film di Gilles Paquet-Brenner racconta, come già Vento di Primavera, l’inferno del Vélodrome d’Hiver e la normalità della vita interrotta una mattina all’alba. Racconta l’incredulità, la speranza e le ombre fosche che a poco a poco diventano realtà, perché la seconda sosta é nel campo di concentramento del Loiret, ancora in terra di Francia, come Borgo San Dalmazzo o Fossoli lo sono stati in Italia. Basta qualche giorno, per non trovare più traccia di quel che si era. Abbrutiti dal caldo, dalla sporcizia e separati dai propri cari: è la frammentazione del corpo e dello spirito. Sotto gli occhi di tutti avviene l’orrore, preparato da una feroce propaganda antisemita e nutrito dagli stenti della guerra, dalle incertezze personali che diventano di massa. Non ci vuole molto per non reagire; e siamo tutti coinvolti, per generazioni.

Le ragioni del film sono rese esplicite all’ottavo minuto di proiezione: a Parigi un capo redattore assegna un articolo di commemorazione del Vél’, due giovani praticanti chiedono spiegazioni, non conoscono l’episodio. Memoria, sopravvivenza, indagine e colpa. L’opposizione all’orrore diventa eroismo, mentre si tratta semplicemente di senso d’umanità.
Due donne le protagoniste, per un racconto che intreccia ieri e oggi. Una bambina che diventa donna con il peso di un passato insopportabile e una donna d’oggi che intreccia il suo destino e le scelte agli echi di quel lontano ‘42 a Parigi. Dalla normalità di una vita, all’inizio del buio: prima dei treni merci, del lungo viaggio verso la disumanizzazione programmata, verso la morte. E il dopo, per i sopravvissuti che non possono dimenticare, alla ricerca di una nuova identità o di una vita parallela al sordo dolore nato dalla perdita e dal senso di colpa per esserci ancora. Il futuro è inaccettabile, per se stessi e per gli altri: perché dentro resta una morte vivente. E non può che ritornare alla memoria La scelta di Sophie, meraviglioso film di Alan Pakula, con Meryl Streep, uscito nel 1982 e tratto dall’omonimo romanzo di William Styron.

Dalle tinte un po’ melò, interpretato da una sempre intensa Kristin Scott Thomas, il film di Brenner ha il pregio di parlare del tempo, uscendo dalla cristallizzazione della storia dei campi: scandendo un prima e un dopo che convergono nell’attuale urgenza di salvaguardare la memoria con la speranza, o l’illusione, di fugare l’orrore che fu, almeno dal futuro del nostro ristretto mondo. Il prezzo della verità è alto, il timore paralizza, il sospetto scava solchi nei rapporti, ma occorrono coraggio, consapevolezza, e saper vigilare su noi stessi e sui nostri figli. Perché, come dice con intelligente lucidità Tahar Ben Jelloun, “Il razzismo è come la violenza o la menzogna. Si può forse immaginare un mondo in cui non ci sia alcuna forma di violenza e nessuno menta? Sarebbe una società ideale. Non esiste. Sapendo questo, dobbiamo prepararci a smontare i meccanismi e le menzogne sui quali il razzismo si fonda.”.

Consigliato a spettatori dai 13 anni in su.

Tatiana De Rosnay – La chiave di Sarah, 319 p. 9,00 euro, Mondadori
_ William Styron – La scelta di Sophie, 626 p. 8,40 euro, Mondadori
_ Tahar Ben Jelloun – Il razzismo spiegato a mia figlia – edizione aggiornata, 216 p. 10,00 euro, Bompiani

Titolo originale: Elle s’appelait Sarah
Nazione: Francia
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 111′
Regia: Gilles Paquet-Brenner
Sito ufficiale: www.sarahskey.com.au
Cast: Kristin Scott Thomas, Mélusine Mayance, Niels Arestrup, Frédéric Pierrot, Michel Duchaussoy, Dominique Frot, Natasha Mashkevich, Gisèle Casadesus, Aidan Quinn
Produzione: Hugo Productions
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: 13 Gennaio 2012 (cinema)