Settimana della Critica
Brendan, giovane studente solitario della California, riceve ad un telefono pubblico una chiamata della sua ex fidanzata in preda al panico. Dopo poche inquadrature il ragazzo ritroverà il suo corpo senza vita all’entrata di una galleria.
Da qui si dipana l’indagine di Brendan, deciso a far luce sulla morte della sua amata, che si muove attraverso una serie di curiosi personaggi, dallo “storpio” in veste gotica, al duro della scuola, alla femme fatale teenager.
Il film, che prende le mosse da una tipica situazione da teen-movie, passando poi per il genere horror, si rivela man mano che la vicenda prosegue, una detective story in piena regola.
I clichè e gli stereotipi del genere sono tutti rispettati, a partire dalla descrizione dei personaggi, quello di Brendan in testa, che non può non rimandare ad un contemporaneo giovane Marlowe, con la sua indole solitaria e l’aria dell’uomo che non deve chiedere mai.
Quest’omaggio alla letteratura americana hard-boiled di Chandler e Hammett, e di conseguenza alle trasposizioni cinematografiche dei loro polizieschi, è esplicitato anche tramite l’abbondante utilizzo di dettagli. Le sigarette accese, i biglietti in cui sono disegnati indizi utili all’indagine del giovane detective, i primissimi piani sui personaggi rimandano anche al David Lynch di “Cuore Selvaggio”, “Strade perdute” e “Mulholland Drive”.
Anche gli interni, quasi sempre caratterizzati da un’atmosfera cupa e tetra, ricordano le angoscianti stanze lynchane (ed in particolare alla casa dei coniugi di “Strade perdute”), mentre gli esterni, ambientati in una tipica provincia americana semideserta, come pure il ritrovamento del cadavere della ragazza, ci fanno tornare alla mente le inquietanti ambientazioni di “Fuoco, cammina con me” e della serie televisiva “Twin Peaks”.
In questa originale contaminazione di generi, che si muove tra il teen-movie, il noir e il poliziesco, non manca una buona dose di autoironia, dovuta soprattutto all’effetto straniante prodotto dalla giovane età dei personaggi, i quali recitano con la massima serietà ruoli adatti ad attori con almeno trent’anni di più sulle spalle. Johnson si diverte a giocare con gli stereotipi del genere (per esempio quando nell’incontro tra Brendan e lo “storpio gotico” mette in scena la premurosa mamma del boss che prepara la merenda per i due) e dimostra di possedere una buona dose di originalità.
Regia: Rian Johnson.
Sceneggiatura: Rian Johnson.
Fotografia: Steve Yedin.
Musica: Nathan Johnson con Cinematic Underground.
Interpreti: Joseph Gordon-Levitt, Lukas Haas, Nora Zehetner, Matt O’ Laery, Emile de Ravin.
Produzione: Ram Bergman, Mark G. Mathis.
Usa, 2005. 35 mm, 109’, col.