DAL FESTIVAL DI PROSA/3

Da “Monsieur Goldoni”, uno spettacolo sui trent’anni parigini del commediografo, a una riscrittura in chiave contemporanea de “La bottega del caffè” filtrata attraverso la lezione di Fassbinder

Dopo “Le serve di Goldoni” un altro testo, firmato da Pietro Favari, sulla vita di Goldoni, incentrato sul lungo soggiorno parigino, in parte nella reggia di Versailles, che, se assicurò al nostro un indubbio benessere economico nell’ultima parte della sua vita, non fu sicuramente una stagione felice per il commediografo specie se raffrontata all’attivismo frenetico del decennio 1750-1760. Lo spettacolo va in scena in prima assoluta al Teatro Goldoni martedì 24 luglio alle 21,30.

“Se si eccettua il successo de “Il burbero benefico”, i trent’anni vissuti a Parigi furono per Goldoni segnati dalla frustrazione che vedeva non solo il pubblico (comprese le sorelle del sovrano, cui insegnava l’italiano ) ma gli stessi comici che avevano sollecitato la sua venuta a Parigi preferire ai suoi testi la commedia all’improvviso, le farse della commedia dell’arte – sottolinea il regista Franco Gervasio – L’allestimento del testo di Favari si muove fra il permanere di questa aspirazione dell’autore ad essere messo in scena e la rappresentazione dei rapporti con importanti esponenti del mondo della cultura che Goldoni era venuto tessendo ”.

I panni di Goldoni saranno rivestiti da Ugo Gregoretti, che ha descritto il suo rapporto con l’opera e la figura di Goldoni. “Il mio itinerario di avvicinamento al personaggio Goldoni inizia parecchie decine di anni fa quando su insistenza di Gigi Proietti fui chiamato dal Teatro Stabile di Genova a dirigere il mio primo allestimento teatrale, “Il bugiardo” di Carlo Goldoni di cui, appunto, Gigi Proietti era protagonista nei panni di Lelio- ricorda Gregoretti – Un rapporto che si fece via via più intenso anche attraverso la lettura della stragrande maggioranza della produzione goldoniana, sino addirittura all’invenzione di una realtà geopolitica detta Goldonia. Inutile nascondere che la mia formazione di reporter mi ha portato a guardare più al mondo goldoniano che al teatro: reputo Goldoni non solo un grande informatore del suo pubblico contemporaneo ma anche unico per la capacità che aveva di costringere gli spettatori a guardare fino in fondo dentro di sé, scoprendo chi erano. Per parte mia ho scoperto di avere un carattere molto simile a quello che Carlo Goldoni attribuiva a se steso”.
Quindi probabilmente Ugo Gregoretti non tanto reciterà Goldoni in scena, ma lo sarà; accanto a lui due attori, dalle molteplici esperienze ma comunque ben conosciuti in area veneziana, come Giorgio Bertan e Adriano Iurissevich, e ancora Celine Esposito, Michele Bottini e Paila Pavese. Attesa per le musiche originali di Paolo Conte, eseguite dal vivo dall’Orchestra “FIATINSIEME”.

Da un testo sulla vita di Goldoni ad una nuova riscrittura de “La bottega del caffè” filtrata anche attraverso la lettura di Fassbinder: il progetto è di Tiziano Turci, che ha curato l’adattamento assieme a Paolo Giorgio, pure regista dello spettacolo prodotto dal Teatro dei Filodrammatici di Milano in scena alle Tese delle Vergini martedì 24 luglio alle 21,30 “Abbiamo individuato una serie di problematiche che hanno in comune i personaggi de “La bottega del caffè” e gli uomini d’oggi – spiega il regista e curatore dell’adattamento Paolo Giorgio- In particolare i debiti, la smania di essere altri diversi da quelli che si è, il vizio del gioco e la falsa onestà, il desiderio sessuale e il bisogno d’amore frustrato. L’ambientazione è stata spostata in un night club. Insomma siamo ricorsi a Goldoni per parlare di ciò che più ci premeva”. La volontà di reiventare la goldoniana”Bottega” passando attraverso la corrosiva riscrittura di Fassbinder porta la compagnia a metter al centro della vicenda Venezia, ovvero uno specchio delle città cosmopolite e internazionali in cui le contraddizioni della società in cui viviamo toccano l’apice. “Particolarmente interessanti le scenografie mobili ideato da Guido Buganza e i costumi di Mariella Visalli – sottolinea Tiziano Turci – La nostra operazione drammaturgica, un po’ brutalmente, può riassumersi nel prendere Goldoni, immergerlo nel nostro tempo e stare a guardare che cosa ne viene fuori. Un risultato che potremmo intitolare Goldoni nostro contemporaneo”.