Quando si va a un concerto del genere si hanno sempre dei dubbi. Una band che non è più sulla cresta dell’onda da vent’anni avrà successo almeno in una serata nostalgica? Saranno in forma i componenti originali del gruppo, che a cinquantacinque anni devono soddisfare il pubblico per un’ora e mezza?
Dubbi inutili. Dopo un’ora e trentacinque minuti di intenso show, il boato assordante dei tre mila (a occhio e croce) presenti in questo, a suo modo, splendido teatro dimostra che ci si può divertire senza eccedere in operazioni “disco-remember” forzate e senza far mancare mai qualità e professionalità. Alla faccia di chi è contrario ai vecchi gruppi che si muovono come dinosauri in tournèe-liturgie, a concelebrare un’alleluia travestita da litania funeraria con spettatori anziani. Il pubblico è sì in larga parte composto dalla vecchia guardia, da chi ha ballato a suo tempo Boogie Wonderland in discoteca, ma i giovani non mancano, pronti a scatenarsi alle prime note della stessa in apertura di concerto.
In undici sul palco, capitanati da Philip Baley, cantante e front-man strepitoso, una voce dall’estensione vertiginosa (e lo dimostra improvvisando in Reason), gli Earth, Wind and Fire concentrano al meglio tutto quel che di buono c’è nel repertorio: una raffica di chicche da antologia, da September alla beatlesiana Got to get you into my life, con gli arrangiamenti curati dal tastierista e direttore musicale Robert Brookins, che non possono non accontentare i fans presenti.
Roboanti incursioni di timbales e congas, una sezione fiati impeccabile, assoli di chitarre fulminei, un continuo muoversi sul palco sono gli ingredienti che hanno reso celebre il gruppo negli anni settanta e riescono ancora a funzionare. Boato finale, appunto: That’s the way of the world è un veloce bis, poi arrivederci. Ci vediamo fra vent’anni.
ALBUM CONSIGLIATI:
All’n’all, Columbia, 1977
Greatest Hits Vol.1, Columbia, 1978
I Am, Colubia, 1979
Raise!, Columbia, 1981
Greatest Hits Vol.2, Columbia, 1988