La mostra “Gino Severini” al Mart di Rovereto dal 17 settembre all’ 8 di gennaio è un altro bellissimo frutto della collaborazione fra il Museo trentino e il Museo d’Orsay di Parigi.
Questa rassegna, infatti, ampliata di ulteriori quindici opere delle ottanta esposte nei musei parigini d’Orsay e in quello della Orangerie. Sempre ai proficui scambi fra musei si deve poi la presenza in mostra di un autoritratto del pittore proveniente dalla raccolta della collezione Agnelli ceduto temporaneamente per l’esposizione in cambio del Velo di vedova di Giacomo Balla di proprietà del Mart. Si incrociano fuggevolmente Severini e Balla, in questo scambio dopo che si erano frequentati in vita in varie occasioni artistiche. La mostra illustra le varie fasi stilistiche dell’artista.
Severini nasce a Cortona nel 1883 e dopo un apprendistato nello studio di Balla, nel 1906 arriva a Parigi.
La foto che lo riprende con Jeanne Fort pochi giorni prima del loro matrimonio, ci rimanda l’immagine di un giovane dandy, molto elegante nei suoi calzoni a piccoli riquadri, dalla piega perfetta, il farfallino nero sulla camicia impeccabile, il cappello alla Chevalier e le ghette all’ultima moda. Completa l’insieme un bastone da passaggio che si immagina color argento e il pomo d’avorio. Severini si è ben presto immerso del tutto nell’air du temps dell’effervescente capitale adottando la lingua francese per esprimersi per iscritto, seguendone la moda, le consuetudini dei ricchi bohemien.
Parigi sta completando la sua educazione estetica e sentimentale oltre a quella artistica. Come tanti altri artisti stranieri, Severini era stato attratto dagli echi del vitalismo culturale del ambiente artistico parigino, certo che vi avrebbe trovato, dopo varie sperimentazioni che lo lasciavano insoddisfatto la sua strada. Le sue prime esperienze artistiche in Italia erano avvenute nel segno del pointillismo facendo di lui un seguace del divisionismo come appaiono nella prima sala le tele esemplari del Printemps a Mormatre e Le Marchant d’oublies.
In Francia si sentì attratto dalle ricerche cubiste di Braque, Picasso Juan Gris, senza seguirne i dogmi che non lo convincevano. Severini amava il colore in tutta la gamma dello spettro e non si riconosceva affatto nei toni smorzati, scuri, piatti che dominavano nelle opere cubiste. Il suo è un cubismo sintetico nella giustapposizione dei piani colorati con la tecnica al collage arricchito dalle finezze e dell’armonia coloristica.
Nel 1910 firma il Manifesto tecnico della pittura futurista portatogli dallo stesso Marinetti e continua ad essere fra i futuristi quello più fedele alla magia dei colori. Non rinnegò mai le tradizioni dell’arte rinascimentale italiana e i principi del divisionismo rivisitati e modernizzati dalla molteplicità di sollecitazioni del mondo artistico in cui si muoveva lasciandosene influenzare e influenzandolo a sua volta. Nel suo ritorno al classico intorno al 1918, fa riferimento a Vitruvio, Alberti, Leonardo nella sua ricerca armonica delle forme adottando anche l’antica tecnica dell’affresco come fa nella decorazione murale per il castello di Sir George Sitwel a Montegufoni.
Assorbe e trasferisce nei suoi quadri l’atmosfera parigina dei balli musette, delle grandi danze popolari all’aperto, nei grandi spazi verdi di quella che era allora la periferia di Parigi prima dei grandi rivolgimenti urbanistici operati dal prefetto Haussman. La serie delle sue danze magnificamente esaltate dalla tecnica e dall’audacia futurista nasce da queste sue frequentazioni, mentre l’effervescenza della Belle Epoque gli suggerisce i soggetti e i temi.
Alla fine degli anni venti e agli inizi degli anni trenta si misura con le decorazioni a mosaico per le chiese del Cantone di Friburgo in Svizzera.
Gli anni quaranta sono per l’artista una fase di ripensamento sui linguaggi dell’avanguardia e di esercitazioni sul passato. Ripercorre sino alla fine dei suoi giorni (1966) le passate stagioni pittoriche elaborando la pittura divisionista degli esordi e riprendendo le sperimentazioni futuriste.
Come i veri talenti non lo si può circoscrivere al futurismo di cui non accetta i modi esasperati né i dogmatismi teorici . resta sempre fedele a un unico dogma, quello del colore esaltato dai giochi di luce e dalle trasparenze dell’acqua. Ecco oltre alle ballerine la folla dei boulevard, le ferrovie il metro, l’incontro euforizzante con questa metropoli piena di luce e di colore. Fa sua la celebre affermazione del pittore Maurice Denis : “ricordarsi che un quadro prima di essere un cavallo, una battaglia, una donna, è essenzialmente una superficie piana ricoperta di colori messi insieme con un certo ordine”. E parlando di Severini oltre dall’ordine i suoi colori sono regolati dalla poesia.
www.mart.tn.it/
Il Mart di Rovereto, Corso Bettini, 43, 38068 Rovereto TN
orari e giorni di apertura:
Da martedì a domenica 10 – 18
venerdì 10 – 21
lunedì chiuso
Informazioni: Infoline 800-397760