“INDIANA JONES E IL REGNO DEL TESCHIO DI CRISTALLO” di Steven Spielberg

Il vecchio Indy è tornato! o no?

Dieci anni dopo la sua ultima avventura, che lo aveva visto impegnato nella ricerca del Sacro Graal e in lotta contro i nazisti, suoi nemici di sempre, Indiana Jones sta vivendo una tranquilla esistenza da professore universitario e archeologo “normale”. Ma quando un suo amico e collega gli invia un messaggio riguardante la scoperta della mitica El Dorado, Indiana sente che è ora di riprendere frusta e cappello: questa volta, in piena guerra fredda, dovrà vedersela con un nuovo nemico: il KGB.

Giunge in sala il tanto atteso quarto episodio della saga fantarcheologica che diverte ed emoziona gli spettatori da trent’anni. Dopo diciannove anni di assenza, lo studioso che ha spinto decine di ragazzi a sognare il lavoro dell’archeologo riappare impegnato in un’altra ricerca favolosa, e con lui tornano tutti i particolari che l’hanno reso famoso: lo humor, la scoperta di tesori antichissimi e misteriosi, animali aggressivi, co-protagoniste femminili affascinanti, complotti e finale con morale annessa. In questo episodio spunta perfino un figlio, pronto a raccogliere l’eredità paterna. Anche se, una volta visto il film, l’impressione che rimane è che l’opera voglia essere a tutti gli effetti un capitolo conclusivo.
Inseguito da una conturbante ucraina dai poteri medianici e dalla lama veloce (Cate Blanchett), questa volta l’archeologo dell’avventura si ritrova alla ricerca di un misterioso teschio di quarzo che non sembra essere umano. Con esso sembra si potranno aprire le porte della mitica città rivestita d’oro. Accanto a lui, un’inaspettata presenza: Marion, la sua vecchia fiamma apparsa ne I predatori dell’arca perduta. La quale, senza che lui lo sappia, gli ha pure dato un pargolo. E con la quale l’amore non è ancora spento.

Il successo di Indiana Jones è sempre derivato da fattori molteplici: primo fra tutti, la commistione di horror, avventura e commedia. Data questa architettura, vi si inserivano elementi affascinanti: l’ambientazione glamour degli anni ’40, il sapore dei luoghi esotici visti con occhio assolutamente non scientifico, gli incontri-scontri che il protagonista ha con le donne (debitori della commedia classica hollywoodiana), la violenta punizione finale dei cattivi, le gaffe e le gag spiazzanti.

Anche Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo segue questo schema. Ma lo fa senza ritmo, come se la trama e il complotto non fossero più così importanti. Qui tutto si fa veloce, le spiegazioni sui motivi della ricerca sono sbrigative, e l’intero equilibrio dell’opera viene reso instabile da una troppo insistita attenzione alle sequenze d’azione: guerrieri che compaiono dal nulla e che scompaiono senza che lo spettatore abbia capito chi erano, inseguimenti lunghissimi e ripetitivi, gag un po’ facili. Inoltre, nei precedenti tre episodi l’archeologia “da baraccone” era vivace e intelligente: le catacombe sotto Venezia, il tempio di Kalì con tanto di altare sacrificale sulla lava. Nell’ultimo capitolo invece tutto o quasi si svolge all’aria aperta, e le poche sequenze misteriose sembrano più debitrici dei Goonies che della saga di Indy. In compenso, fanno la loro comparsa molte citazioni: oltre a Karen Allen, anche una cassa conservata in un magazzino che si apre mostrando l’arca perduta e un serpente di cui Indy ha (chissà perchè!) una paura folle.

Gli animali, infatti, mantengono anche in quest’opera una parte importante: ma non sono più disgustosi o divertenti come gli insetti che popolavano i corridoi del tempio maledetto. Questo forse a causa della loro totale realizzazione in computer grafica.
Sorge un dubbio, dalla visione di Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo: non sarà che Spielberg ha voluto eliminare dal suo ultimo film un certo tipo di violenza o aggressività (già peraltro assolutamente innocue nei precedenti episodi)? Tutto sembra edulcorato, come se si fosse a bordo di una giostra di un parco a tema. La grave mancanza del film, in definitiva, risulta essere proprio quella del “meraviglioso”.

Rimane un film d’avventura godibile, questa precisazione è doverosa. La gag con le formiche che portano un uomo nella loro tana come fosse una briciola di pane è un punto di luce, così come alcune sequenze spiazzanti e inaspettate. Ma uno spettatore fedele di Indiana Jones non può esimersi dal confrontare l’opera con le precedenti. E la sensazione finale è desolante. Indy invecchia. Allora niente più sforzi per lui, soprattutto di fantasia.

Titolo originale: Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull
Nazione: U.S.A.
Anno: 2008
Genere: Azione, Avventura
Durata: 126′
Regia: Steven Spielberg
Sito ufficiale: www.indianajones.com
Sito italiano: www.indianajones.com/intl/it/…
Cast: Harrison Ford, Shia LaBeouf, Cate Blanchett, Ray Winstone, Karen Allen, John Hurt, Jim Broadbent, Alan Dale, Joel Stoffer
Produzione: Paramount Pictures, Lucasfilm, Amblin Entertainment, Santo Domingo Film & Music Video
Distribuzione: UIP
Data di uscita: Cannes 2008
23 Maggio 2008 (cinema)