“KILL BILL VOLUME 1” di Quentin Tarantino

Pulp al quadrato

Sulla lista nera di un angelo vendicatore.Esce la prima parte del film più violento, cinico, pulp di Tarantino, che si mostra così fedele a una tendenza, quella di proporre film a puntate, che sembra aver preso piede negli ultimi anni. Di per sé la storia sarebbe estremamente semplice e per niente originale: alla protagonista, chiamata semplicemente La Sposa (Uma Thurman), è stata sterminata la famiglia dalle proprie ex-complici (insieme formavano una squadra in stile Charlie’s Angels, con il Bill del titolo nella parte di Charlie), ed ora la Sposa cerca vendetta, non avendo più niente da perdere.

La trama si snoda così percorrendo la lista nera della protagonista, e presentando numerosi flashback, tanto cari al regista, che ci fanno conoscere sia la storia della nostra eroina che quella dei suoi nemici. Così se da un lato non c’è stato grande sforzo nello sviluppo dell’intreccio, dall’altro non si può negare che a livello visivo il film non colpisca, per la violenza delle immagini, certo (il sangue abbonda e schizza come nei manga giapponesi, tant’è che un’intera scena del film è a cartoni animati), ma soprattutto per la violenza del montaggio, della fotografia, e il generale cinismo di tutti i personaggi. Vendetta dev’esser fatta. A qualunque costo, e la Sposa si muove verso il suo destino senza esitazione, samurai al femminile.

Ma nel film c’è anche tanto umorismo, insano ovviamente, crudo e miscelato talmente bene al sangue e alla sofferenza che i momenti comici si identificano con quelli drammatici lasciando spiazzato lo spettatore.
La Thurman senz’altro veste magnificamente i panni dell’angelo vendicatore spietato e straziato, creatura androgina in lotta con donne altrettanto temibili (in un mondo dove il sesso debole è decisamente quello maschile). Insieme la seguiamo nei momenti di furia omicida e in quelli di dolore, sia fisico che emotivo, e attraverso di lei vediamo odio, tristezza, ansia, ma anche un sacro rispetto per il nemico, perché la vendetta ha comunque un suo codice d’onore.
Questo gruppo di antieroi combatte preferibilmente con armi da taglio, una su tutte la katana giapponese, e il risultato è un macello: in questo Tarantino non si è risparmiato e ha inserito tutte le idee peggiori che gli passassero per la testa, ma è proprio questo che piace in un film del genere. Tali combattimenti inoltre, hanno un stile tutto artigianale, con un uso (relativamente) limitato degli effetti speciali: siamo lontani dallo stile di Matrix, che pure ha fatto scuola e già comincia ad essere antipaticamente imitato.

Si respira insomma il clima degli anni Settanta, complice la colonna sonora, aggressiva come non mai, e le numerose citazioni ai film di Bruce Lee (dalla tuta della protagonista alla maschera Kato). E’ una storia che non sfigurerebbe se ambientata nel Giappone dei samurai, ma qui presentata con il sapore ora di un manga, ora di un b-movie di trent’anni fa, e piena zeppa di elementi della cosiddetta sottocultura. Graffiante come un quadro di Pollock, è senz’altro il più tarantiniano dei film dell’autore.

Regia: Quentin Tarantino
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Prodotto da: Lawrence Bender, Quentin Tarantino
Fotografia: Robert Richardson
Scenografie: Yohei Taneda, David Wasco
Montaggio: Sally Menke
Costumi: Kumiko Ogawa
Musiche: Ennio Morricone, RZA, Lars Ulrich
Produzione: Miramax, A Band Apart, Production, I.G., Super Cool ManChu
Distribuzione: Buena Vista International Italia
Durata: 110′