Settimana della Critica
Un film costato soltanto 500 euro al quartetto di Guidonia che si nasconde sotto il nome di Amanda Flor.
“Per vedere la salute di un uomo, bisogna vedere le sue feci” così ha risposto uno dei quattro registi alla domanda di una giornalista in sala che gli chiedeva il motivo per il quale il contesto in cui si muoveva il neolaureato fosse proprio quello degli operai e dei cantieri.
Ed in fondo ha un’pò ragione.
Gli autori hanno di proposito voluto indagare sugli “scarti” (o quelli che vengono definiti tali) della società evoluta.
Hanno scavato tra i calcinacci, del cantiere e dell’anima, e hanno trovato anche calore e tenerezza.
Il tutto si svolge proprio in un cantiere edile alla periferia di Guidonia, nel Lazio, dove un neolaureato impacciato ed imbranato si trova suo malgrado a lavorare.
E’ proprio qui che deve scontrarsi/incontrarsi con tutto ciò che più gli è estraneo e lontano: badili, cemento, mattoni, ma anche nuovi “colleghi” e nuove amicizie che appartengono a livelli sociali diversi dal suo.
Non dovrà più andare a fare volontariato o servire l’Azione Cattolica, bensì dovrà far fronte al “Principale”, suo datore di lavoro; prima persona che lo prende sotto custodia, poi personaggio che si rivela sfruttatore e truffaldino. Figura che assomiglia al Mangiafuoco di Pinocchio: burbero e saldamente in salute, ma non grasso.
Perchè si può leggere il film anche sotto l’aspetto della denuncia sociale verso il mondo degli operai sottopagati o addirittura non pagati e che spesso sono costretti a lavorare in precarie condizioni di sicurezza, senza elmetti, senza vestiti da lavoro, senza protezioni, senza garanzia di lavoro continuato.
Davide Alfonsi, Daniele Guerrini, Denis Malagnino, Alessandro Fausto, questi i nomi dei registi, sono riusciti a far rivivere, a tratti, quelle inquietudini, quelle tristezze e malinconie che spesso si ritrovano nelle periferie di Roma e nei film neorealisti, o nelle pellicole di Pasolini. Gli interpreti infatti sono tutti non professionisti e sono proprio quei non-accademismi a rendere la loro interpretazione fedele alla vita.
Quella vita che il padre di Marco, il protagonista, ha voluto sbattergli in faccia prepotentemente, stanco di vederlo senza occupazione fissa.
Sussurra Marco prima di addormentarsi su un letto dove prima avevano dormito operai rumeni: “….mi dicevano: non preoccuparti la laurea ti apre tantissime porte”, l’unica che ha aperto è stata la porta di questa bettola”, riferendosi ad una casetta in campagna dove dormiva la notte, poichè il padre lo aveva allontanato da casa.
Ma a casa lui ci ritorna e con un posto fisso al Ministero poichè aveva vinto uno dei tanti concorsi a cui aveva partecipato.
Film impegnato e tenero che si poggia su una romanità dei dialoghi divertente ma che nasconde una crudezza di fondo celata appunto da un linguaggio colorito e originale.
La rieducazione forse ri-educa lo spettatore alla visione di quei film-verità che prendono di petto la vita e tutte le sue difficoltà e contraddizioni. La scelta di girare tutto in B/N apporta alla pellicola quel senso di amara tristezza che fa della storia una storia vera.
Non è certo un film fatto per piacere o attirare lo spettatore al botteghino, ma per molti questo è forse un pregio.
Il merito appartiene alla Settimana della Critica che lo ha selezionato quindi presentato. Questo è il primo episodio della futura trilogia chiamata “Il Ciclo dei Finti”.
Titolo originale: La rieducazione
Nazione: Italia
Anno: 2006
Genere: Drammatico, sociale
Durata: 96′
Regia: Davide Alfonsi, Alessandro Fusto, Daniele Guerrini, Denis Malagnino
Cast: Marco Donatucci, Denis Malagnino, Pablo Sallusti, Gianluca Tiberi, Daniele Malagnino, Massimo de Sanctis, Massimo Pasquali, Daniele Guerrini, Gennaro Romano, Vincenzo di Nota, Alessandra Alfonsi, Don Romano, Alessandro Fusto, Elisabetta Bugatti
Produzione: Amanda Flor
Data di uscita: Venezia 2006