Torino 28. Festa Mobile
Mija vive in una piccola cittadina di provincia. Si prende cura del nipote adolescente, abbandonato dalla madre per trasferirsi a Pusan, lavorando part time come badante. Nonostante i 66 anni e le minime entrate, a Mija piace ancora trattarsi con tutti i riguardi, curando il corpo e la mente: vestiti eleganti e aspetto sempre curato da una parte e un interessante corso di poesia dall’altro.
Lo scorbutico, scostante e silenzioso (sociopatico?) nipote, frattanto, pensa bene di mettersi nei guai, ma guai seri: insieme ad altri cinque compagni di scuola ha, per molto tempo, abusato di una ragazza (orfana di padre e di famiglia modesta) che, disperata, ha deciso di commettere suicidio. Pur di mettere tutto a tacere, per il bene della scuola e per salvaguardare il futuro dei ragazzi, le famiglie dei giovani colpevoli propongono di pagare un risarcimento alla madre della giovane: 5 milioni di won a testa. Una cifra spropositata per Mija, che nel frattempo deve convivere con infauste notizie sulla sua salute e con la faccenda che, fra tutte queste burrasche, sembra angustiarla maggiomente: la composizione di una poesia entro il termine del corso.
Lee Chang-dong è una figura talmente influente nella Corea del Sud che fra il 2002 e il 2004 è stato Ministro per la cultura e il turismo. Parla poco (cinque film, fra cui Peppermint Candy e Oasis, in 14 anni), ma quando parla viene ascoltato con estrema attenzione seppur il suo sia un cinema ostico, impegnativo, che non concede nulla di nulla allo spettatore pigro o svogliato. Un cinema dilatato, contemplativo, dai ritmi narrativi decisamente peculiari e a cui è forse necessario abituarsi. Poetry non fa eccezione, prendendosi due ore e un quarto per narrare pochi semplici fatti. In mezzo, nello spazio fra le vignette, esiste tutto un universo (inesplorato dalla maggior parte del cinema contemporaneo) di costruzione minuziosa di personaggi e ambienti.
A seguire Lee nel suo peregrinare, è impossibile non provare una profonda empatia nei confronti di Mija o non incitare mentalmente il nipote a darsi una regolata; è anche impossibile non cominciare a riconoscere e ad affezionarsi ai luoghi rurali che fanno da sfondo alle vicende di questo sparuto gruppo di personaggi. E poi non si può non indignarsi e rattristarsi di fronte alla tragedia che ha colpito una giovane adolescente. Infine, a mente fredda, non si può non stupirsi delle modalità quasi subliminali del cinema di Lee Chang-dong, dove nulla succede eppure tutto si sta accumulando impercettibilmente sotto pelle, pronto a esplodere al momento giusto. E il regista ministro si (ci) chiede, giustamente – e a partire dai presupposti del film, in cui la poesia (data per morta da tempo immemore) è parte integrante, elemento fondamentale – “che cosa significa fare cinema in un’epoca in cui questo sta morendo?”. Seguite le vicende di Mija e forse avrete un’intuizione.
Titolo originale: Shi
Nazione: Corea del Sud
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 139′
Regia: Lee Chang-dong
Sito ufficiale: www.poetry2010.co.kr
Cast: Da-wit Lee, Yong-taek Kim, Jeong-hee Yoon, Yun Junghee
Produzione: Pine House Film
Distribuzione: Tucker Film
Data di uscita: Cannes 2010
01 Aprile 2011 (cinema)