Qualunquemente è il nuovo film di Antonio Albanese, per la regia di Giulio Manfredonia. I due hanno affrontato un lavoro rischioso: portare sul grande schermo il personaggio di Cetto La Qualunque, corrotto politicante del Sud, un personaggio losco, volgare, totalmente privo di morale.
Il risultato è un ottimo film comico, con tempi e modi che regalano al pubblico risate agghiaccianti.
Il personaggio di Cetto nasce in televisione, creargli intorno una sceneggiatura credibile avrebbe potuto far perdere il senso comico, fondamentale, che gli appartiene. Hanno compiuto un salto mortale e sono atterrati in equilibrio perfetto.
Albanese e Manfredonia hanno realizzato dei personaggi fumetto, destinati a ridicolizzare e sbeffeggiare determinati usi e costumi degli italiani. Qualunquemente sarà presentato al 61º Festival di Berlino, un traguardo insperato. Li abbiamo incontrati, insieme ad altri membri del cast e al produttore Domenico Procacci, in occasione dell’uscita italiana del loro lavoro.
Qualunquemente è un film “parecchiamente” comico, ma cosa vuol dire realizzare un film comico? Come si lavora con la comicità?
Albanese: “Giudicare la comicità è la cosa più difficile e al tempo stesso la più facile del mondo. La comicità ti dive trasmettere benessere, gioia, ma deve essere anche leggera e non solo, ti deve dare un messaggio.
Io arrivo da un’estrazione popolare cosa che mi ha dato un certo modo di concepire la comicità, che è, per come sono fatto io, l’ideale, perché mi permette di arrivare con un sistema diretto alle persone.
Nella comicità ci deve essere uno sforzo. I film non comici che ho interpretato, li ho sempre affrontati con una certa serenità, sempre con professionalità. Quando tocchi la comicità si apre un mondo a 360 gradi, è libertà allo stato puro, è mistero. Ma occorre un grandissimo sforzo. In questo caso lo sforzo, l’intelligenza di captare, di assemblare un personaggio come Cetto da incastonare in un film con una sceneggiatura è meraviglioso. Perché è di una difficoltà incredibile. Ci devi lavorare giorno dopo giorno.”
Giulio Manfredonia: “Abbiamo fatto un film che è un fumetto, in cui si racconta una storia paradossale. Perché vedi una storia di fantasia e improvvisamente, boom, succede una cosa e ti ritrovi a <
Albanese: “Ho sempre pensato che girare un film su Cetto fosse un lavoro difficilissimo, che solo tre o quattro registi potessero riuscire in questa impresa. Dopo aver visto Si può fare, ho capito che Giulio era la persona perfetta, giusta!”
61º festival di Berlino! Il suo film verrà presentato alla Berlinale, che effetto fa?
Albanese: “Tutto avrei pensato tranne che questo film potesse interessare alla Berlinale. Sai la comicità ormai è inflazionata. Ero certo che con un film così, con la regia di Giulio Manfredonia, sarebbe stato un successo, perché avrebbe risaltato tutto. Sono molto contento.”
Come pensate che sarà letto all’estero?
Procacci: “Non si può sapere. Lo vedremo. Io sono il produttore che ha recentemente esportato il film con l’immagine peggiore dell’Italia, che è stato Gomorra; e sono stato il produttore di un film che ha fatto venire voglia di venire in Italia a visitare la Puglia, che è stato Mine Vaganti. Mi sono fatto una certa esperienza su quale possa essere la percezione all’estero dei nostri film. C’è una cosa da dire: noi abbiamo, credo, il diritto e dovere di raccontare questo paese. E un modo di farlo è anche quello di riderci su, esasperando degli elementi che poi tanto esasperati non sono. Possiamo raccontare questo paese. Io mi aspetto che ci dicano “questa è l’immagine dell’Italia”, me lo hanno detto anche di Gomorra. I problemi di questo Paese ci sono, ma non sono la denuncia o il come si mettono in scena. Certe cose funzionano e prosperano perché c’è ignoranza. Portarli a conoscenza è utile, anche prendendoli in giro.”
Lei attinge molto da esperienze concrete, da situazioni viste e persone che ha conosciuto, la situazione politica contemporanea le ha dato un grande aiuto per questo film.
Albanese: “Nel film c’è una battuta “Che bel corpo da assessoressa che ha!”. Beh, questa battuta è stata scritta tre anni fa! Abbiamo scritto e terminato la sceneggiatura quasi due anni fa… non amo giudicare nessuno, mi sembra troppo facile e poi a me non interessa. Spesso mi sono sentito dire da giornalisti e critici “Antonio, questa volta hai esagerato: collegare in quel modo il sesso alla politica.”
Ripeto quello che ho già detto, oggi come oggi, Cetto è un moderato!
Il “pilu” non è altro che una denuncia a vostro favore. Amando io le donne, essendo convinto che il mondo si sia salvato grazie a loro, grazie a voi, trovo io bestiale questo uso delle donne. Ed è una cosa che mi ha sempre dato fastidio, questo esibizionismo scemo. Il film vuole rendere ridicoli questi personaggi. Certo, se fosse uscito un annetto fa sai che promozione gratuita… ci siamo mangiati le mani, certo anche ora va bene vista la depressione morale che c’è. Il film parla di morale, ma ridendo. Abbiamo tastato il terreno, abbiamo provato il personaggio negli anni, lo abbiamo sviluppato. Il lavorare non è stato facile.
Se il film fosse uscito quattro o cinque anni fa sarebbe stato captato ancora meno. Siamo arrivati al momento giusto. Ma la comicità è meravigliosa per questo.”
Cetto Laqualunque, dove nasce?
Albanese: “Questo personaggio non nasce nemmeno otto anni fa quando lo abbiamo sviluppato. È nato da un certo tipo di micro politica improvvisata che da decenni esaspera questo Paese, non la Calabria, questo Paese. Cetto è il mio personaggio che mi fa ridere di più.”
Una curiosità, ma chi ha arredato la casa esagerata di Cetto, oltre i limiti del kitsch, e dicendo così ne diamo un’idea ancora sobria…
Albanese: “Guarda che quella casa esiste davvero, giuro! Non l’abbiamo arredata noi, anzi abbiamo tolto parecchi oggetti. Lo scenografo un giorno mi dice “Antonio, vieni che ti porto a vedere la casa!” Quando siamo andati a vedere la casa, che è vicino Roma, dopo il Raccordo, io sono rimasto tre ore in silenzio. Ti dicevo abbiamo dovuto togliere degli elementi: i leopardi di ceramica erano sei! Ne abbiamo tolti quattro. I busti ci sono tutti non li abbiamo aggiunti, delle sei Jacuzzi di sopra, ne abbiamo inquadrato solo una.”
Lorenza Indovina, lei interpreta Carmen, la moglie di Cetto, come è stato girare questo film?
Lorenza Indovina: “Ci tengo a precisare soprattutto una cosa: questo film non è un film politico, è un film comico. Intorno a Cetto vengono raccontati la moglie, il figlio, l’amante, l’amico. È anche un modo per raccontare un po’ l’Italia e gli Italiani. Potrebbe servire anche a cercare di capire perché questo Paese è diventato così. E il film, ridendo, racconta questo. Poi uno può trovare le responsabilità o similitudini che vuole. La grandezza di Giulio, il regista è stata fondamentale. Il mio personaggio mi ha fatto una grande tenerezza. Vive delle grandi contraddizioni, da una parte vuole essere una first lady, dall’altra è una donna meridionale con i suoi principi. Questo contrasto che lei vive la rende esilarante. ”
Nel film ci sono costumi a dir poco esasperati, lei soprattutto ne è un’allegra vittima, sembra un membro della famiglia I Soprano.
Indovina: “Il costumista Roberto Chiocchi ha avuto il coraggio di accettare una certa linea dei costumi. La prima volta che mi ha messo addosso una pelle di animale, perché io sono vestita con tutte le pelle di animali possibili, beh mi sono spaventata. Antonio come è entrato e mi ha visto, è subito uscito…”
Albanese: “Io che amo il pastello… sembrava il bar di Guerre Stellari, ho avuto paura!!”
Procacci: “La forza comica del film è potente. All’inizio quando ho visto questa esasperazione di scena e costumi confesso che ho temuto. Lorenza aveva dei canarini e fagiani in testa, ho avuta una paura dannata di dove stessimo andando.”
Indovina: “Merito di questo è di Giulio! La regia è anche questo: scegliere i collaboratori, gli attori e trovare il tono uguale per tutti. E non è facile trovare il tono recitativo giusto e Giulio è riuscito a trovarlo in tutti personaggi, che sono tutti accordati l’uno con l’altro.”