Sua Maestà Miss Frida Kahlo è la fisicità spigolosa di Sandra Cattaneo, braccia sottili e clavicole scoperte, e un volto netto di linee decise.
Incombe la somiglianza reale sul palcoscenico del Centro Candiani di Mestre; anche se la vera Frida era più morbida, il volto di questa nuova Frida si prende tutto lo spazio della visione; e arriva all’improvviso, come in uno spettacolo circense, con l’entrata trionfale e l’entusiasmo delle grida, delle risa, delle bugiarde promesse di gioia.
Sandra Cattaneo un po’ per volta completa la sua metamorfosi in Frida Kahlo. Prima la purezza di una gonna bianca e di una camicetta bambine; poi, la treccia di capelli corvini girata sulla testa a mò di cerchiello; poi, regina, la corona di fiori, sua inequivocabile icona. E poi, ancora – donna, artista e moglie del dio, Diego Rivera – eccola rivestirsi di gioielli e bustini preziosi, rosso sulle labbra, colori affilati.
Ed è proprio icona. Intensissima nell’amore, nel dolore, nel cinismo di una vita ricolma di pieni – l’arte, la passione civile e politica – e di vuoti – la solitudine dell’immobilità fisica, i tradimenti subiti e ricambiati – Frida/Sandra irrompono di una vitalità dolente e piena, capace di entrare in intimità con lo spettatore. Che con Frida soffre, per Frida tifa, Frida teme.
Sandra Cattaneo – oltre che interprete, autrice dello spettacolo – prende tra le mani, come oggetto prezioso, la vicenda umana e artistica di Frida Kahlo e la restituisce con la devozione e il trasporto di un amore sincero. Con una scelta intelligente, la drammaturgia si costruisce sulla biografia dell’artista messicana, ma non di biografia parla lo spettacolo. ¡Que Viva Frida! è sostanzialmente il racconto di un mondo interiore, che nel mondo esterno trovò la sua dolorosa concretizzazione e le maggiori resistenze.
E quindi la narrazione procede a flash, fornisce spunti, racconta a mezz’aria, lascia intuire. E affida alla musica, curata da Cosimo Gallotta, Diego Rivera in scena – silenzioso e non ingombrante almeno qui, nel sogno della finzione -, il compito di sottolineare i passaggi emotivi più sottili, quelli a cui le parole non servono. E il risultato è notevole: la chitarra di Gallotta si inserisce elegante e distaccata nella vicenda, la voce e la fisarmonica di Sandra Cattaneo scavano, pescano dalla nostalgia zingara del teatro di strada, arrivano al fondo di un’emotività scoperta.
¡Que Viva Frida! vive di immagini e di colori, si nutre di una storia reale che affascina, viene messa in vita da due interpreti capaci. È un lavoro scritto bene: cosa rara, riesce ad emozionare davvero. Peccato per le scene, qua e là in odor di Ikea: è la vita di una regina, quella che viene portata in scena. Ma, tutto sommato, questo è un neo piccolino: e forse è segno dei tempi che un lavoro potente e bello come questo di TeatroaSudEst sia costretto ad accontentarsi di un pacco piatto, brugole all’interno, e istruzioni per il montaggio facili da decifrare.
http://teatroasudest.wordpress.com/teatro/
http://quevivafrida.wordpress.com/