Torino 25
Alla periferia di Los Angeles, un’adolescente ispanica cerca di sfuggire al triste ambiente familiare disegnando graffiti nei pressi di un’autostrada. Una coppia è in crisi dopo la morte accidentale della loro giovanissima bambina. Un musicista afroamericano tiene la mano alla madre morente sul letto d’ospedale. Un anziano vedovo, dopo la scomparsa della moglie, cerca di ritrovare equilibrio nella sua vita attraverso le piccole cose quotidiane. Quattro storie si intersecano e viaggiano parallele sullo sfondo del Los Angeles River, tra solitudini, perdite e isolamenti.
Il regista di origini armene Eric Nazarian, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, sceglie la strada non così semplice – anche se più volte battuta – del mettere in scena vite solitarie, esistenze rarefatte e provate dall’imperturbabile flusso degli eventi. Lo fa servendosi dell’espediente cumulativo di quattro storie che si sovrappongono lievemente, sfiorandosi, quasi a riprendere la casualità di un presente incerto e incomprensibile. Storie di dolore, incomprensioni ma anche di speranza, un flebile sussulto che a volte basta a farci credere che, anche se non tutto, almeno qualcosa potrà andare a posto.
Costato 125.000 dollari e girato in Alta Definizione (HD), The blue hour non evidenzia solo uno spaccato della difficile quotidianità di persone in crisi, ma rappresenta anche l’incomunicabilità che affligge uomini e donne in una società troppo impegnata a “sopravvivere” per fermarsi a vedere se qualcuno è rimasto attardato o escluso. I dialoghi scarni, radi ed essenziali manifestano solo parte di quella difficoltà di comunicazione che supera le barriere di razza, sesso e religione e colpisce chiunque sfugga ad una facile omologazione o chi non sia riuscito a ricavarsi la propria nicchia protetta nel mondo. Sulle sponde cementificate e sporche del Los Angeles River, tra il traffico della freeway che ne percorre parallelamente il flusso e ne inquina le acque e i pochi verdi arbusti che colorano il polveroso territorio californiano, le vite dei protagonisti trovano i loro momenti di sconforto e di salvezza, di umanità e di sconfitta.
Quattro storie, quattro esperienze, quattro timidi tentativi di trovare il coraggio di raccontare sensazioni a volte inspiegabili. Ma risiede forse qui il problema principale della pellicola. Gli episodi messi in scena, pur conservando una coerenza di fondo, non riescono a moltiplicare le proprie potenzialità supportandosi l’uno con l’altro, sviluppando un’emozione comune in grado di rendere al meglio le sensazioni evocate dalle difficili esistenze di personaggi borderline. Così, pur occupando gli stessi territori, siamo lontani nella forma e nei risultati dagli affreschi corali di Robert Altman o Paul Thomas Anderson, e l’arido territorio che dalla San Fernando Valley a Long Beach viene attraversato dal Los Angeles River diventa semplicemente lo sfondo di una drammatica ed immutabile sensazione di perdita.
2007, USA
35mm, 93′, col.
regia, sceneggiatura/director, screenplay Eric Nazarian
fotografia/director of photography Sam Levy
scenografia/set design Tim Grimes
costumi/costume design Keren Marting
montaggio/film editor Helen Hand, Emily Koonse
musica/music Aldo Shlaku
suono/sound Jeremy Peirson
interpreti e personaggi/cast and characters Paul Dillon (Sal), Sarah Jones (Ethel), Karen Kondazian (Tello), Austin Marques (Neto), Alyssa Milano (Allegra), Derrick
O’Connor (Humphrey), Emily Rios (Happy), Yorick Van Wageningen (Avo), Clarence Williams III (Ridley), Baadja-Lyne Odums (la madre di Ridley/Ridley’s mother), Renn Woods (Aria), Ellen Albertini Dow (Annabella), Eric Burdon (il cantante del bar/bar singer), Sophia Malki (Heidi), Joel McKinnon Miller (Jimmy), Rachel Miller (Julie), Peter Alexander Santiago (skater)
produttore/producer Lynnette Ramirez, Brian Knappmiller
produzione, distribuzione, vendita all’estero/production, distribution, world sales Blue Hour LLC